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Domenica (di sangue) in famiglia, confessa il giovane parricida luganese

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(ULTIMO AGGIORNAMENTO E RIEPILOGO, ORE 23.22) Omicidio volontario pluriaggravato è l’addebito che ora, al termine della prima tornata di interrogatori svoltisi nella locale caserma dell’Arma dei Carabinieri davanti al magistrato Carlo Enea Parodi che era pubblico ministero di turno, grava su F.A.R., il 25enne luganese dalla cui mano partì iersera la coltellata fatale per B.S.R., 57 anni, suo padre adottivo e parimenti domiciliato a Lugano, in un appartamento a metà circa di via Vittorio Veneto a Luino (Varese). Dal giovane, che era stato intercettato e bloccato da effettivi dell’Arma dei Carabinieri nell’immediatezza del fatto di sangue ossia a distanza di poche centinaia di metri dal luogo in cui il delitto si era consumato, sarebbero giunte almeno parziali ammissioni benché manchi ancora un credibile movente o, almeno, il riconoscimento attendibile di un fattore scatenante. Alla ricostruzione, in un film che dura 24 ore e più, mancano in sostanza quei 10-15 secondi in cui un diverbio ha assunto le forme della tragedia.

24 ore e più, abbiamo detto, e si procede per sintesi. Scena prima: B.S.R., la cui identità è nota alla redazione così come quelle di tutti gli altri soggetti direttamente ed indirettamente coinvolti, vive a Lugano dove svolge anche un’importante attività professionale nel ramo delle consulenze assicurative (ed oltre); allo stesso domicilio sono almeno due dei tre figli adottati nella loro tenera età, tra cui F.A.R., ma non più da qualche tempo la consorte ora 58enne, italiana per origini e nota avvocata in Lugano, madre adottiva dei giovani ed in tempi relativamente recenti separatasi da B.S.R. con decisione che, a quanto si direbbe, è stata condivisa senza traumi. A quanto si direbbe, sottolineiamo, dal che l’introduzione della scena seconda: soprattutto su pressione di F.A.R., che a più riprese avrebbe preteso di poter vedere la madre, i genitori adottivi concordano di trascorrere la domenica – o gran parte di essa – con lui e con l’altro figlio, per l’appunto a Luino dove l’ormai ex-moglie di B.S.R. ha preso domicilio. Scena terza: verso sera, nell’abitazione al secondo piano della palazzina gli animi si scaldano o, perlomeno, si scalda quello di F.A.R.; è dato per certo il diverbio, presumibili B.S.R. e F.A.R. quali interlocutori principali e forse con occasionali interventi della donna e del fratello di F.A.R.; sta di fatto che F.A.R. prende un coltello in cucina e lo pianta nel petto del padre, un fendente a lacerare la carne; forse il fratello di F.A.R. tenta di frapporsi, ma senza che l’impeto sia mitigato e che il colpo sia deviato; B.S.R., si può credere, è colto di sorpresa e nemmeno ha modo di difendersi, cade, anzi, si accascia sul pavimento. Scena quarta: la madre urla ed è sotto “choc” per l’assalto armato, a lei non può sfuggire la gravità dell’evidenza; B.S.R. agonizza e per lui sono gli ultimi istanti di vita, tanto che esalerà l’ultimo respiro prima ancora che i soccorritori giungano in via Vittorio Veneto; F.A.R. invece si lancia fuori dall’abitazione, vanamente inseguito dal fratello, e divora due rampe di scale, ed esce all’aperto, e si allontana di corsa tra l’altro richiamando su di sé l’attenzione di qualche passante; due, tre minuti e la fuga – se di fuga si può parlare – finisce nell’abbraccio ruvido di uomini dell’Arma dei Carabinieri, blocco a terra per entrambi i giovani e neutralizzazione.

Il coltello diventato arma esiziale è stato recuperato. F.A.R. si trova ora associato ai “Miogni” di Varese; la madre, che aveva accusato un malore e per tale motivo era stata assistita da personale sanitario della “Croce rossa italiana” in Luino, è stata già ascoltata dagli inquirenti, che nel frattempo stanno procedendo – anche con acquisizione di notizie dai colleghi ticinesi, per quanto di competenza – a definire la figura dell’omicida, considerandosi dunque vari problemi di adattamento (innumerevoli le fughe da casa con avvisi di ricerca anche reiterati nel corso dello stesso mese), l’attitudine all’uso di sostanze stupefacenti, un serio precedente di polizia e giudiziario – vedasi precedente articolo qui pubblicato – su suolo italiano.