Nella versione di Luigi Mattei, che è il suo legale, trattasi di decisione conseguente al “(…) sensibile peggioramento delle (…) condizioni di salute, (aggravio) intervenuto in queste settimane”. Nella percezione comune, è un petardone che esplode nei corridoi del Pretorio in Lugano: Mauro Ermani, 63 anni da compiersi, presidente del Tribunale penale cantonale, si è dimesso dai ruoli con quella che è definita come “(…) scelta radicale e definitiva”. Il magistrato è tuttora al centro della vicenda da cui è stato squassato il Tribunale penale cantonale, con l’improvvisa destituzione – ovviamente contestata – dei giudici Francesca Verda Chiocchetti e Siro Quadri su intervento dei membri del Consiglio della magistratura: fatto scatenante, l’invio di una o più immagini dall’indiscutibile dubbio gusto (sempre che al dubbio gusto ci si limiti) ad una segretaria, dal che varie voci, indi una denuncia per pornografia da parte degli stessi Francesca Verda Chiocchetti e Siro Quadri a carico di Mauro Ermani, la stroncatura dal Consiglio della magistratura (“Gravemente violati i doveri di magistrato (…) (con) denuncia del collega per un reato che sapevano non sussistere, (fatto questo) inaccettabile ed inconciliabile con la funzione”), e nel frattempo frammenti di “dossier” circa comportamenti conflittuali tra segretarie per rivendicato “mobbing”, non trascurandosi un’altra azione – poi dismessa – contro lo stesso Mauro Ermani (in questo contesto il coinvolgimento di un procuratore pubblico straordinario la cui valutazione si era indirizzata per l’appunto a favore di Mauro Ermani). Il tutto non in necessaria successione temporale, anzi, con varie sovrapposizioni ed ormai sul lungo periodo: era il febbraio 2023 quando all’indirizzo di una delle menzionate segretarie giunse l’immagine – due falli giganti, l’uno a destra e l’altro a sinistra di una donna, e sopra la scritta “Ufficio penale” – dal cellulare del citato presidente del Tribunale penale cantonale. Qualcosa dello stesso genere, anche se il contenuto di tali materiali è stato minimizzato e banalizzato, era in circolazione già tre anni prima, identico il mittente.
A numeri semplici, l’organico dell’istanza di giudizio è da considerarsi ora priva di tre elementi, due dei quali invero pretendono un reintegro e non sembrano intenzionati a desistere dalla rivendicazione della correttezza nel loro operato. Secondo la tesi di Luigi Mattei, che nella comunicazione fatta pervenire al segretario generale del Gran Consiglio menzionare solo di transenna la “delicata situazione” generatasi, il passo indietro di Mauro Ermani sarebbe invero da interpretarsi nell’esclusivo interesse e all’esclusivo “(…) bene del Tribunale medesimo, cui non gioverebbe certo un giudice in carica e tuttavia inabile al lavoro”. Rinuncia, tra l’altro, di cui il legale chiede un accoglimento nei più brevi tempi che sia possibile.