Home CRONACA Covid-19 in Ticino, due contagi. E la vergogna delle mascherine contaminate

Covid-19 in Ticino, due contagi. E la vergogna delle mascherine contaminate

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Come ciò sia accaduto, mistero. Come mai nessuno abbia effettuato un controllo – uno – prima della distribuzione, mistero. Come si verrà fuori da questo problema di cui non c’era proprio bisogno, non si sa, così come non si sa se qualcuno porgerà scuse ai cittadini. Sta di fatto che i due nuovi casi di “Coronavirus” su suolo ticinese, per un totale di 3’367 contagi accertati (nessun altro decesso, 350 in tutto; sempre 915 le persone dimesse), passano oggi in second’ordine rispetto all’incredibile vicenda delle mascherine che sull’irrompere della pandemia vennero prelevate dagli “stock” della Confederazione e che furono distribuite: materiale, come rilevato sull’esito di analisi svolte al laboratorio dell’“Ospedale universitario” di Ginevra, che è risultato contaminato dall’“Aspergillus fumigatus”, un agente microbiologico cioè un fungo. Dicono, da Berna, che nel corso di precedenti controlli non era stata rilevata alcuna contaminazione “di questo genere”; credibile, ma non tale da risolvere i dubbi generati da incuria o incuranza o imperizia o sciatteria o disattenzione o, peggio, negligenza. Anche perché, oltre a partire, le mascherine giunsero anche a destinazione; e quasi un decimo dei 13.5 milioni di pezzi costituenti le disponibilità, per effettive 1’338’000 mascherine, si riversò proprio sul Ticino. Non si tratta dell’unico contingente contaminato: tracce del fungo sono state rilevate anche in un altro lotto di mascherine Ffp2, 305’000 pezzi.

Nulla che si possa sottovalutare, per quanto anodina possa risultare l’informazione giunta dalla capitale: primo, perché l’“Aspergillus fumigatus” è causa di infezioni polmonari ed all’apparato respiratorio, con possibili manifestazioni anche sull’orecchio e sulla pelle senza che si trascurino le allergie. Questione doppia, poi: oltre ad arrivare, il materiale – tutto da giacenza che era stata costituita nel 2007 quale dotazione preventiva in caso di pandemia, con immagazzinamento nella farmacia dell’Esercito – venne distribuito “su richiesta dei Cantoni” ed a titolo di gratuità (caragrazia…) a “grandi e piccoli consumatori oltre che del settore sanitario dei Cantoni”. Solo in Ticino, 308’000 pezzi furono distribuiti nell’immediato tra farmacie, medici di famiglia ed ospedali, per restare ai destinatari più comuni; gran parte del resto, come rendono noto dall’ufficio del farmacista cantonale, è stato individuato e recuperato e messo al sicuro, sicché all’appello mancherebbero ora 182’000 pezzi presumibilmente già utilizzati. “Molto basso”, a parere del farmacista cantonale, il coefficiente di rischio insito nell’utilizzo delle mascherine; realtà dice tuttavia che, “non essendo possibile l’analisi su tutte le mascherine” (bravissimi: di sicuro non è analisi che sia possibile condurre “ex post”…), l’intero lotto – o quel che di esso rimane – viene ritirato.

Esclusi problemi analoghi per quanto riguarda la fornitura di aprile, 18 milioni di pezzi in tutto. In corso indagini sull’origine del danno: “Analisi approfondita, è possibile che la contaminazione sia da ricondursi allo stoccaggio o al trasporto”, che è come dire tutto e nulla allo stesso tempo. Unica consolazione: le dotazioni residue saranno sostituite gratuitamente con materiali idonei.