E la tabella di marcia c’è: se non per entrare nella “fase due”, concetto la cui unica certezza consiste nell’aleatorietà, almeno per uscire dalla “fase uno”, che è quella in cui navighiamo (a vista, da imbarcati controvoglia, e senza possibile controllo sulla ruota del timone) da otto settimane a questa parte. Lo dice Berna, lo annunciano da Palazzo federale, e con ciò ci viene in sostanza spiegato che – ad avviso almeno di Alain Berset membro dell’Esecutivo e di Daniel Koch delegato dell’Ufficio federale sanità pubblica – nella lotta al Covid-19 la Svizzera ha scollinato e che ad una qualche forma di normalità ci si avvicina, o ci si appresta ad avvicinarsi, o ci si predispone ad apprestarci ad avvicinarci, o si ragiona almeno sul predisporci ad apprestarci ad avvicinarci. Anche altro sostiene Daniel Koch, uno che si sta preparando all’uscita dal ruolo avendo raggiunto tre giorni addietro la soglia dei 65 anni (in teoria, dunque, egli è già passato nella categoria dei sottoposti a particolare protezione); ad esempio che i ragazzi non sono vettori del “Coronavirus”, e questa dovrebbe essere verità rivelata tanto di più che è uscita questo pomeriggio in sede di conferenza-stampa, e la cosa induce sinceramente ad una caparra di perplessità sul momento in cui tale fatto si trasmuta in materia applicabile, si pensi al rispetto del preteso “distanziamento sociale” appena fuori da un’aula in cui si insegni e si impari. Già, perché nella “post-fase-uno” che è una “non-ancora-fase-due” si parla anche di riapertura degli istituti, prima l’obbligo e poi il non-obbligo, e vedremo poi di capire con quale conseguenza in declinazione dal momento che – correggeteci se sbagliamo – i calendari scolastici qui non coincidono propriamente con i calendari scolastici là.
Sino a qui, in introduzione, ciò che s’ha da raccontare commentando e da commentare raccontando. Il resto è attestato dalla lunga nota di Palazzo federale, nota che segue e che si autoillustra, zone d’ombra comprese, idem circa gli aspetti da armonizzarsi con quel che in Ticino si fa e si farà. Prima data utile: lunedì 27 aprile, quando negli ospedali sarà possibile tornare alla piena operatività con gli interventi (anche quelli non urgenti) e saranno riaperti, chi voglia ed abbia modo di garantire la sicurezza dei clienti e dei collaboratori, gli studi medici ambulatoriali, i negozi di parrucchiere, i saloni di massaggio ed i centri estetici, ed ancora le superfici commerciali del “fai-da-te” e del giardinaggio, i punti-vendita legati al giardinaggio ed i fiorai potranno riprendere la loro attività. Poi, “se la situazione epidemiologica ciò consentirà”, per lunedì 11 maggio è prevista la riapertura delle scuole dell’obbligo e dei negozi “tout court”. Alle medesime condizioni, lunedì 8 giugno cancelli aperti per scuole medie superiori, scuole professionali, istituti universitari, musei, giardini zoologici e biblioteche.
I passaggi, sostengono dalla stanza dei bottoni, sono stati studiati tenendosi conto di “diversi fattori di rischio”, tra cui “l’aumento dei contatti ravvicinati e del flusso di persone, il numero delle persone “a rischio” interessate e la possibilità di adottare provvedimenti di protezione”, ed “inoltre” (l’“inoltre” è suscettibile di vaga ironia, davvero) “l’utilità per l’economia delle singole fasi di allentamento”. Ovvero, “l’allentamento dei provvedimenti sarà accompagnato dall’elaborazione e dall’attuazione di piani di protezione” in cui sia possibile prevedere, secondo l’area, “o la raccomandazione o l’obbligo di utilizzare mascherine igieniche”, con strategia da attuarsi – anche questo è un dente dal nervo scoperto – “in modo unitario su tutto il territorio nazionale”, tenendosi conto “dei provvedimenti attuati nei Paesi limitrofi”. Insomma, la pretesa è chiara: niente fughe in avanti, niente scostamenti laterali, niente passi indietro da parte di singoli attori. Un filo di imposizione, giusto un filino. E, difatti, al Ticino è consentita libertà di prolungamento delle “proprie” limitazioni in determinati àmbiti economici solo sino a domenica 26 aprile, “in considerazione della situazione epidemiologica che si registra sul territorio”.
Ancora. Da lunedì 27 aprile non saranno più soggette al divieto di esercizio le strutture aperte al pubblico senza un servizio al cliente, ad esempio gli impianti di autolavaggio “self-service”, ed è revocata la limitazione alla stretta cerchia familiare per quanto riguarda le cerimonie funebri; nello stesso tempo, piena libertà di vendita nei negozi di generi alimentari (facoltà di offerta anche degli articoli esposti e che non rientrano fra i beni di prima necessità). Da lunedì 11 maggio, oltre a quanto prescritto per le scuole dell’obbligo e dei negozi e ferma restando una riserva di rivalutazione da parte dell’autorità politica federale, riattivazione dei mercati; da lunedì 8 giugno, oltre a quel che si è detto sulla ripresa delle attività presenziali nelle scuole superiori e nelle scuole professionali e nelle università, possibile allenamento del divieto di assembramento (in quale misura, cioè se da cinque a sei o da cinque a 50 o a 500 o a 5’000, non si saprà sino a mercoledì 27 maggio). Criteri di valutazione adottati per stabilire il transito dall’una all’altra tappa: numero di ricoveri in ospedale, numero di decessi, tasso di occupazione dei posti-letto ospedalieri. A proposito: ad avvenuto riscontro di un “sufficiente calo” dei casi di contagio, e la “sufficienza” è data ad arbitrio sensato o a sensazione arbitrale, le autorità cantonali torneranno a procedere al tracciamento sistematico dei casi stessi di contagio sicché si torna all’antico: individuazione, cura ed isolamento tempestivo per le persone infette, ricostruzione delle catene di trasmissione, ampia strategia di “test”, piano di tracciamento dei contatti, et cetera.