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Calcio / Europa, Lugano avanti. In nove più un portiere latitante

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Informazione al mondo degli appassionati di arte pedatoria: nelle odierne competizioni calcistiche internazionali in nome di Eupalla, si può andare avanti – qui si tratta di vedere e di capire se nell’EuropaLeague o nella ConferenceLeague, quest’ultima da darsi ad ogni modo come acquisita – anche giocando a nove contro 11 e dovendo rimontare un goal. Per l’appunto un Lugano ridotto a nove effettivi (per 32 minuti nel caso del difensore Albian Hajdari, secondo cartellino giallo su intervento falloso non prioritario al minuto 88; 120 minuti nel caso del portiere Amir Saipi formalmente in campo, ma solo per fungere da miglior attaccante degli avversari) ha messo fuori stasera il Partizan Belgrado al terzo turno di qualificazione della EuropaLeague, 2-2 sul terreno “casalingo” di Thun e con goal del pareggio siglato da Mohamed Belhadj a nove minuti dalla fine del secondo supplementare, essendosi chiusi sul 2-1 per i serbi i tempi regolamentari a compensazione dello 0-1 subito una settimana prima a domicilio. Questo significa che i bianconeri andranno giovedì 22 e giovedì 29 agosto ad affrontare il Besiktas Istanbul nel “play-off” della EuropaLeague; con eventuale successo nella somma dei confronti, quello sarà il percorso; nell’ipotesi di sconfitta sempre alle somme dei 180 minuti, destinazione garantita ai gironi della ConferenceLeague che non è poi ‘sto giardino di incanto e di delizie di cui tanti parlano, se è vero – ed è scritto tutto, nero su bianco – che giusto stasera l’avventura si è conclusa per squadre come Broendby, Banik Ostrava, Tromsö, Aek Atene e Hajduk Spalato, non volendosi proprio girare il coltello nella piaga con riferimento allo Zurigo (0-3, 0-2 contro il Vitoria Guimaraes).

Si sarà generosi, in forza del traguardo raggiunto: uomo del giorno è Renato Steffen, cui ogni nota al di sotto del “sei” sarebbe irriguardosa (trainante, trascinante, devastante sulla fascia destra, autore dell’1-1 al 48.o in ripresa caparbia di sfera a due metri dalla porta avversaria, ispiratore degli assalti mentre almeno un paio di compagni si erano già persi nelle nebbie mentali); a Mohamed Belhadj, entrato al minuto 63 per Anto Grgic sull’1-1 e quasi muto testimone del quasi immediato 1-2 per firma di Svetozar Markovic (67.o; lo 0-1 era stato siglato al 44.o da Ghayas Zahid), il merito di due giocate magistrali e, per l’appunto con squadra numericamente soccombente, del pareggio raggelante per la tifoseria ospite, minuto 111, di Renato Steffen l’assist; dopodiché sola difesa a testuggine, due cambi tattici, falli spesi in misura equa, tre cartellini gialli collezionati ma obiettivo raggiunto. Il lato triste della storia si chiama invece Amir Saipi, discontinuo di suo ma oggi al punto più basso della sinusoide, e capirete che sono dolori se simili episodi accadono in partite decisive: primo goal, nemmeno un “plissé” sull’imperversare degli attaccanti altrui, corpo ben piantato al centro della porta e semmai un’occhiatina per seguire la traiettoria del pallone depositatosi alla sua destra; secondo goal, mezza intenzione di una mezza uscita, voce dal sen fuggita più richiamar non vale ed invece egli richiama sé stesso per quel passetto che si trasforma in goal comodo comodo; a memoria, una copia di quel Waldir “Valdir” Peres de Arruda buonanima che nel 1982, ai Mondiali in Spagna, regalò all’Italia un insperabile “via libera” verso i quarti di finale buscando tre reti che manco al “Subbuteo”, e poi gli azzurri et cetera; si aggiungano al conto i rinvii sguerci e svergoli, si fosse a Cornaredo sarebbe come puntare al Monte Boglia e sparare il proiettile nel Ceresio.

Con parole chiare ed oneste, non si può concedere il vantaggio di un portiere a qualsiavoglia avversario; come abbia fatto il Partizan Belgrado a non trovare un colpo da “kappaò”, beh, è questione di cui si occuperà forse lo psicanalista di Aleksandar Stanojevic, omologo di Mattia Croci-Torti ma sulla panca degli slavi, e non si garantisce circa la brevità del ciclo di sedute. Circa altri non si insiste: troppi gli incerti, può magari piacere Antonios Papadopoulos (suoi due interventi difensivi su incursioni pericolose) se la smette di esaltarsi per ogni palla che riesce a spedire in fallo laterale, Uran Bislimi attivo per mezz’ora sì e no, Ignacio Aliseda lodevole per la disponibilità a giocare in qualsivoglia posizione gli sia chiesto di occupare. Circa Ousmane Doumbia, sensazione di un regresso o nella forma o nell’impegno: un posto di lavoro fra gli artiglieri, ad ogni modo, nessuno gli negherà mai, tenendosi conto di quella sabongia con cui ha probabilmente abbattuto tre satelliti di Elon Musk, nulla a che vedere con il calcio, per carità. Ecco, ci si limita a questo e, per dovere di cronaca, a trasmettere la memoria di una diecina di minuti da “Sturm und Drang” fra il 77.o e l’86.o: conclusione di Mohamed Belhadj, salvataggio prodigioso del portiere e calcio d’angolo; “corner” battuto, Mohamed Belhadj di testa, traversa; Hicham Mahou, palla sibilante a sinistra della porta; Hicham Mahou, altra conclusione e respinta.

Ma poi. Bon, si va avanti, ed al Besiktas Istanbul sono avvertiti: il Lugano ha vinto così, figurarsi quel che può fare scendendo in campo con 11 uomini.