Sul fatto che di lui si trattasse, nessun dubbio: da quelle parti, del resto, ci mettono sei secondi scarsi per fare la fotografia – altezza, larghezza, profondità, “standard” frigo da incasso – ad un foresto, indi ne impiegano tre per inquadrare il soggetto con un motteggio salace ma non irridente (è il modesto dazio da pagarsi invariabilmente, un po’ come nel caso dell’obolo d’un fiorino in “Non ci resta che piangere”) ed altri cinque per abbracciarlo in segno di benvenuto, tal e tanto è il senso innato dell’accoglienza; starà poi all’epifanico foresto il farsi apprezzare, pena il buscarsi una cenciata con scammellata annessa. Sul fatto che l’avvistamento abbia fatto rumore, idem. Ma la cosa si ferma qui: Angelo Renzetti già “patron” del Lugano era, quel desso, ma non c’è un Angelo Renzetti nel futuro del Livorno calcio (o, per meglio dirsi, “Unione sportiva Livorno” come da ragione sociale dopo la rinascita di quattr’anni addietro); e non c’è perché l’improvvisa apparizione di sabato scorso sulla tribuna dello storico stadio “Armando Picchi” – a darne notizia i colleghi ed amici del quotidiano “Amaranta.it” – è da interpretarsi come mero atto di amicizia del citato ospite verso Joel Esciua, 61enne brasiliano paulista per nascita, nazionalità francese e fors’anche titolare di altri passaporti orbitante tra Francia ed Uruguay soprattutto, infine figura apicale della società labronica avendola acquisita due anni or sono, una categoria sotto rispetto all’odierna serie C. Il domandare fu lecito, puntuali (fin troppo) risultarono le risposte: “Venuto qui su invito del presidente… Nulla c’entro con alcun genere di trattativa”. E poi, a partita conclusa (2-1 per i padroni di casa sull’Arezzo a quel momento capolista nel girone “A”; il Livorno viaggia invece attorno alla posizione numero 14 su 19 compagini in lizza): “Felice di aver portato fortuna alla squadra… E no: ho già fatto calcio per 11 anni, da presidente, ed a questo proposito non ho più nulla da dare”. Né in prima persona, né al fianco del timoniere in servizio, dunque.
Un aspetto merita tuttavia considerazione: a differenza di altre situazioni relativamente recenti ed in cui il nome di Angelo Renzetti fu associato ora a questa ora a quella realtà sportiva di Tricoloria (una volta con tirata per i capelli a San Benedetto del Tronto, un’altra – a parte il precedente impegno diretto – in miglior posizione a Pescara; si resta al pubblicato, al solo sommare le voci si farebbe notte), il rapporto in essere con Joel Esciua poggia di sicuro su una seria conoscenza e su fondamentali di amicizia; anche i soli consigli, come si suol dire, magari non hanno moneta ma fanno moneta. E di consigli sostanziali – meglio per lui sarebbero quelli sostanziosi; ma è discorso che vale per ogni presidente del calcio minore in area peninsultare – pare che Joel Esciua abbia bisogno, al di là di un eccellente “curriculum” in àmbito finanziario e dell’attività quale consigliere delegato “senior” della “Delphos holdings limited”; l’“Unione sportiva Livorno” verserebbe in qualche difficoltà finanziaria e soffrirebbe di strozzature a collo di bottiglia, per capitale e per modalità di gestione, finanziamente sviluppandosi come società a responsabilità limitata (in Italia) sotto controllante in forma di “limited” (nel Regno Unito). “Limited” quest’ultima, la londinese “Polimeta”; “limited” anche l’altra, la washingtoniana “Delphos holdings”; al netto della distinzione tra entità, in termini di volumi ed a qualsiasi livello è come dire una mosca in rapporto ad un esercito di elefanti. Sì, certo: alla “Delphos holdings” si occupano di un ampio segmento finanziario, dalla raccolta di capitali alla consulenza su transazioni e passaggi di proprietà; ma i teoremi di cui Joel Esciua deve occuparsi al momento sembrano legati al vil denaro ed al negoziare sulle situazioni contingenti, per di più in contesto che il presidente del Livorno non può dire di conoscere a fondo; utilissima, in questo senso, una spalla culturalmente preparata – leggasi alla voce: “scafata” – quale di certo Angelo Renzetti è.
Ma… e se per caso Lugano, diciamo Lugano con raggio allargato alla cintura, in realtà qualcosa c’entrasse? E se, sempre per caso, Angelo Renzetti potesse semmai fungere da tramite per il contatto con terzi, foss’anche e soltanto nelle forme dell’amichevole incarico esplorativo? L’azzardo, a volte, non è azzardo.






















































































