70 anni or sono all’incirca, essendo una domenica quel 25 novembre 1951, segnò al minuto 84 facendo ammutolire il pubblico di fede rossocrociata che aveva invaso Cornaredo e pertinenze pur di assistere a quella sfida tra Svizzera ed Italia, ufficialissimo il torneo che si chiamava “Coppa internazionale”, 1-1 al fischio finale dopo che sin dal quarto d’ora era stata nutrita una serena speranza di vittoria grazie a Ferdinando Riva, cioè il Riva IV del Chiasso, sotto conduzione tecnica di Franco Andreoli. Aveva 23 anni e nella Nazionale azzurra militava ormai da quattro, Giampiero Boniperti, poi calciatore di lungo corso e dirigente sportivo ed infine presidente onorario della Iuventus, deceduto nelle prime ore di oggi a Torino per un’insufficienza cardiaca; signore sul campo, giustamente pretenzioso nel tentare di finalizzare sempre il gioco perché quando hai il piede sei avanti mezzo giro sugli altri, bianconero midollare (443 partite con 178 reti in campionato, 13 partite con un goal in Coppa Italia, 129 partite con 109 tra amichevoli ed amichevoli non ufficiali); inoltre, più 38 incontri con otto goal nella rappresentativa nazionale maggiore.
Con la Svizzera, verso la quale provava forti sentimenti, il celebre “Marisa” (soprannome giuntogli sul capo per voce di Benito “Veleno” Lorenzi, storico avversario in maglia Inter) ebbe un conto aperto nelle rare occasioni di confronto: in Coppa internazionale a Palermo, nel 1952, vinse (2-0); al primo turno dei Mondiali in Losanna, nel 1954, perse (1-2) ma fu suo il goal del provvisorio 1-1 (fatto interessante: Svizzera ed Italia finirono pari nel girone di qualificazione e furono costrette a disputare uno spareggio: passò Elvezia con reboante 4-1 e tornò a casa la figlia prediletta di Eupalla, Giampiero Boniperti non venne schierato). Più della ben nota fedeltà ai colori bianconeri, di lui diranno tre cose. Quando passò alla Iuventus giungendo dalle file del Momo dove era giunto dal Barengo, egli ottenne che il prezzo del cartellino venisse ripartito tra le due società, per questioni sue affettive, con parziale rinuncia ai propri diritti; e questa è la prima. Per convincerlo a firmare il contratto, e qui siamo al secondo aneddoto, la proprietà inserì una… mucca per ogni goal che fosse stato segnato in carriera; “ex post”, un affare soltanto per il ragazzo (e per suo padre, allevatore, che ovviamente prelevava sempre una vacca gravida, di fatto raddoppiando il “bonus”). Nella Torino da sempre divisa tra fedi pedatorie inconciliabili ed in cui la maglia contava (e conta ancora) pìù di qualcosa, infine, per una volta Giampiero Boniperti volle indossare il granata, in campo con la denominazione “Torino simbolo” per una partita con il River Plate di Buenos Aires; era la fine di maggio 1949, appena 22 giorni erano trascorsi dalla tragedia di Superga in cui quasi tutti i giocatori del “Grande Torino” erano deceduti sul rientro da un’amichevole a Lisbona, e si trattava di raccogliere denaro per venire in soccorso alle famiglie degli scomparsi.