Era stata l’unica macchia, meno di quattro mesi addietro, in una semestrale sotto dettatura di buone ed anzi di ottime notizie per il gruppo, di cui veniva dichiarata la crescita a doppia cifra – 14 per cento e 25 per cento rispettivamente – di fatturato e rendita ante oneri finanziari: calo “nella domanda dell’industria automobilistica”, ergo in ombra il segmento di attività definito come “machining solutions”. In ombra; non a caso, con decorrenza da venerdì 1.o novembre, quale primo provvedimento strutturale fu imposto il lavoro ridotto nella misura del 15 per cento sull’orario di attività. Oggi, un intervento assai più drastico: sullo stabilimento industriale della “Mikron Sa” di Agno, perché di questa realtà trattasi, si abbatte la scure dei licenziamenti. “Circa 25”, dichiarano i vertici dell’azienda, riducendosi così la “capacità” nella “Divisione machining” dagli odierni 370 dipendenti circa sull’intera piattaforma ovvero oltre 500 considerandosi entrambe le unità stanziate ovvero “Mikron tool Sa” e “Mikron Sa”.
Soluzione diversa, sostengono al gruppo “Mikron”, non esisteva e non si sarebbe data, non prevedendosi una ripresa della domanda nel breve termine. La riduzione dell’organico avrà luogo in modo “socialmente responsabile”; nessun’altra area sarà toccata dal provvedimento; significativo è tuttavia il fatto che per il 2019 viene ancora previsto “un fatturato superiore a quello del 2018” (in quale misura, tuttavia, non viene detto) ed un margine operativo lordo sullo stesso livello dell’anno precedente. Altrettanto rilevante è il fatto in sé: l’entità della forza-lavoro sui siti produttivi di Agno, negli ultimi cinque anni, era sempre risultata in crescita. Un messaggio dal quale l’azienda è dunque investita, ma non nel suo complesso: assicurazioni giungono sulla “graduale ottimizzazione del portafoglio-macchine”, su altri investimenti in infrastrutture e “risorse operative per la produzione interna” oltre che sul “progressivo allineamento dell’organizzazione ad un minor numero di modelli di macchine”. Periodo di transizione, dunque meglio l’accetta. Per il momento, nessuna replica da fonti sindacali