Sono tempi, questi, in cui il Natale fa schifo a qualche commerciante che lucra sulla festività, ma la riclassifica quale “festa d’inverno”. Sono inoltre tempi, questi, in cui un presepe viene bandito dai luoghi comunitari perché esso dà fastidio o perché viene considerato irrispettoso verso culture e religioni diverse da quella su cui si fondano l’Occidente e la parte senziente dell’Oriente. Sono anche tempi, questi, in cui un presepe diventa fonte di sospetto anziché essere percepito come il luogo in cui si manifesta la più clamorosa promessa di speranza nella storia dell’umanità.
È accaduto, agli occhi di qualcuno che sa bene come innescare le polemiche conoscendo i suoi polli e cioè quelli che abboccano per un facile riverbero su pagine di stampa, al “Bar Piazza” di piazza Guglielmo Canevascini in Tenero-Contra frazione Tenero, esercizio pubblico nel cui presepe – realizzato, tra l’altro, secondo l’ispirazione di una storica professionista operante per decenni dietro le quinte di celebri programmi televisivi – la presenza di alcuni elementi architettonici è parsa funzionale ad “ovviare alle polemiche legate a chi, di religione non cristiana, si lamenta dei simboli natalizi con riferimenti religiosi”, tanto che quel presepe viene descritto come “inclusivo”. Ragionamento deduttivo che, al netto delle contorsioni sintattiche, non si sa a quale percezione possa appigliarsi: primo, perché l’architettura islamica è largamente tributaria di quella cristiana, e non viceversa; secondo, perché le informazioni inserite in quel presepe (e per “informazioni” si intendono i singoli pezzi: cupole, muri, finestre, colori) pertengono all’universo cristiano – a sua volta sintesi di gran parte delle esperienze precedenti – ben prima che a quello dell’Islam.
Aggiungiamo: l’ideatrice del presepe, che per esigenza di utilizzo di materiali durevoli – il lavoro risale ad alcuni anni addietro – si fece assistere nella costruzione da idoneo appassionato, è una specialista pluripremiata ed ha competenze acquisite sia sul campo sia per studi, cioè per indagini di lungo periodo sull’argomento. Tradotto: di certo quello non è l’esatto scenario che si propose oltre 2’000 anni or sono attorno alla grotta in cui venne alla luce il Bambinello, e del resto abbiamo conoscenze piuttosto precise circa l’essenzialità dell’edilizia privata, per stare al quadro di riferimento, durante l’ultimo secolo precedente la distruzione del tempio di Gerusalemme nella prima Guerra giudaica; tutt’altro che disprezzabile risulta però l’approssimazione concettuale e contestuale, sapendosi in ultimo che il presepe è per sua natura una rappresentazione plastica nella quale vengono fatti convergere più e più contenuti, tutti di contorno tranne tre. Se poi si vuol vedere ad ogni costo un minareto in una torre a base squadrata e con balconate, e se si vuol far credere che nella rappresentazione presepiale del “Bar Piazza” sia in corso un’operazione criptocristianofobica, forse non si è mai stati a Caltagirone o alla “Crocetta” cioè alla chiesa titolata a san Ferdinando in Livorno o, per rimanere a latitudini più congrue, a Lecco. Suvvia, è Natale: evitiamoci almeno il tafazzismo.