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Uxoricidio di Monte Carasso: 16 anni al marito, carcere a vita per l’amante

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A riaprire quel “cold case”, mai realmente abbandonato ma nel limbo di un dubbio ancorato alle sinapsi ancorché il “dossier” si trovasse agli archivi, fu una crisi di coscienza dell’uxoricida. E l’uxoricida, oggi, per quanto assai ben difeso dall’avvocato Pietro Croce che aveva chiesto una condanna commisurata all’effettivo – ancorché tardivo – pentimento, è stato condannato al carcere con il peso di 16 anni, non potendosi in nessun modo negare l’atto ed i motivi sottostanti, cioè la volontà di non pagare più i cospicui alimenti (si parla di 36’000 franchi l’anno) all’ex-moglie diventata vittima. Ma peggio è andata alla nuova compagna e poi nuova consorte dell’autore materiale del delitto: per lei, rappresentata dagli avvocati Luisa Polli e Yasar Ravi che avevano puntato all’assoluzione, addirittura il carcere a vita. È una sentenza esemplare, si dirà, quella pronunciata oggi alle Assise criminali per il caso di Monte Carasso all’epoca Comune autonomo e non ancora quartiere di Bellinzona, dove la sera di martedì 19 luglio 2016 intervennero in forze gli agenti della Polcantonale, chiamati per la presenza del cadavere di una donna. Le indagini furono meticolose e si chiusero, in assenza di elementi circostanziali che inducessero ad altra ipotesi, con la dichiarazione dell’atto suicidario. Due anni più tardi, tuttavia, la crisi di coscienza – ai tempi si disse che decisiva era stata la voce di un sacerdote cui l’uomo si era rivolto – e la confessione, spontanea quanto l’autoconsegna alle forze dell’ordine nel posto di Polizia a Locarno; ed affermò di aver fatto tutto da sé, l’oggi 49enne cittadino svizzero domiciliato a Minusio, conosciuto anche per l’impegno in un Corpo pompieri, passato sì a seconde nozze con la già amante ma, forse proprio perché ogni giorno costretto a guardarsi allo specchio ed a vedere quella donna che gli aveva fatto perdere la testa, giunto al pieno della crisi di coscienza cioè a non poter più celare a sé stesso l’enormità del delitto. La nuova compagna e poi moglie, ora 39enne, cittadina russa, è stata indicata in aula come mente ed ideatrice del progetto criminale; da qui il massimo della pena.