(ULTIMO AGGIORNAMENTO E RIEPILOGO, ORE 12.33) Alla scienza che ci ha chiesto di credere nella scienza, o perlomeno nella sua attitudine e nella sua vocazione ad essere somma e sintesi di esperienze, dopo 25 mesi di sofferenza covidiana il Ticino non può non chiedere contezza circa la validità di tale somma e di tale sintesi. Non può non farlo, soprattutto, in presenza di cifre che forse non riescono ancora a preoccupare abbastanza, benché essa debba causare quantomeno un innalzamento della linea mentale di autoprotezione (traduzione: sussistano o non sussistano restrizioni “ope legis” o per provvedimento temporaneo, la profilassi igienico-sanitaria con idonei strumenti è una formula salvifica): nelle ultime 24 ore, due altri nomi si sono infatti iscritti nell’elenco delle vittime, 152 dunque nella quarta ondata, 1’147 dall’inizio della pandemia. Altri 1’277 i contagi constatati, uno ogni 68 secondi scarsi, alla rilevazione tra ieri e l’alba di oggi; il totale dall’inizio della pandemia sale a 135’027 casi, di cui 101’246 nella fase corrente; l’incremento quotidiano è di poco inferiore all’uno per cento, dato a tutti gli effetti allarmante così come costituiscono motivo di preoccupazione i 119 ricoverati di cui 111 in reparti ordinari ed otto in reparti di terapie intensive.
Nessuna buona nuova, inoltre, dal fronte delle case per anziani: scendono da 25 a 24 (su 69) le residenze colpite, è vero, ma riprendono i decessi (uno in più, e fanno 410; da considerarsi anche i contestuali 1’856 morti – cinque in più nel volgere di un giorno – per cause asseritamente non covidiane) e riprende il flusso degli ospiti verso strutture ospedaliere (un ricovero in più, 164 in totale); risalgono inoltre a quota 133 gli ospiti contagiati, effetto questo di 34 positivi contro 16 guarigioni. In stasi la campagna vaccinale, così da riassumersi: sull’universo degli aventi diritto, il 72.3 per cento ha scelto di accedere al trattamento di base (doppia somministrazione o singola somministrazione dopo guarigione del soggetto), ma solo nel 46.1 per cento dei casi è stato somministrato il richiamo (“booster”).