(ULTIMO AGGIORNAMENTO E RIEPILOGO, ORE 23.22) Almeno due soggetti sono in stato di fermo ed un’altra diecina di persone è stata già identificata dalle forze dell’ordine nel contesto del tentativo di (ri)occupazione del sedime e delle strutture all’ex-“Macello” di Lugano da parte di gruppi sommariamente riconducibili all’area antagonista e calamità(ti) sotto la sigla “Csoa-Il Molino”. L’assalto alla zona “off limits”, in realtà un’invasione di proprietà altrui e da questo è derivata una quasi automatica denuncia per violazione di domicilio, ha avuto luogo nel primo pomeriggio di oggi da parte di un primo drappello – 40, 50 elementi alla grossa – datosi convegno sull’intersezione fra viale Cassarate e via Antonio Fusoni e da lì lanciatosi, secondo i dettami della falange macedone rivisitata a guisa di bonvianissime Sturmtruppen, ad espugnazione del Palazzo d’inverno ed a presa di possesso della piazza e di quanto rimasto dopo la demolizione parziale effettuata nella notte tra sabato 29 e domenica 30 maggio, quando gli abusivi vennero fatti sgomberare “tout court”. Al tempo dell’ovvia conquista – e per forza, lì dentro non c’era nessuno – del caposaldo, atto testimoniato con lo srotolamento di qualche striscione pretenzioso per sillogismo e con l’inalberamento di una bandiera palestinese che notoriamente fa massa nella testa di quelli che si considerano oppressi in ogni angolo del mondo, la presenza di contestatori in varia espressione si è irrobustita sino a poter contare su plotoncini per un paio di centinaia di soggetti, ciascuno con dote di quel che poteva portare e cioè qualche razzetto da notte di Capodanno (lanci già avvenuti, solito colore locale), gragnuole di pietrisco all’indirizzo dei poliziotti ed il consueto, disarticolato, indiscutibilmente multiforme e parimenti risibile armamentario di “slogan” che, per prima cosa, comprovano quanto gli odierni ex-molinari ovvero ex-macellari siano in ritardo di buoni 40 anni sulla storia.
Fermi tutti, questo è un “déjà vu” – Ma per carità, ciascuno è legittimato ad investire il proprio tempo libero – e costoro, se non l’hanno, sanno benissimo come trovarlo – come meglio crede; purché non vada a ledere gli altrui diritti, uno tra i quali è ancora la libera circolazione sulle strade invece paralizzate nei gangli vitali tra via Serafino Balestra e via Giuseppe Buffi, con un nodo al quadrilatero del “Parco Lambertenghi” dove è scappata più di una frizione e, sull’irrompere di frange di esagitati, gli agenti avrebbero risposto – condizionale legato all’assenza di due righe di conferma – facendo ricorso agli “spray” urticanti. Al fronte di viale Cassarate trasformato idealmente nel Lungoneva di San Pietroburgo, via via che i poliziotti si avvicinavano piantandosi in piena vista, ecco partire la litania dei santi con enunciazione di torti veri e presunti: non va giù, a distanza di sette mesi dai fatti, l’avvenuta rimozione di una parte dei manufatti con intervento delle ruspe, non va giù l’esito delle inchieste condotte, non va giù quanto l’autorità giudiziaria ha espresso e ribadito. Non va giù, in sostanza, il fatto che agli ex-macellari sia detto quel che è, e cioè che non hanno diritto alcuno da accampare e che semmai, qualora vogliano riprendere il filo del dialogo (a suo tempo era stata prefigurata l’eventuale disponibilità di altre aree entro il perimetro cittadino), né con le intimidazioni né con le improvvisazioni né con il muro-contro-muro né con i ricatti essi caveranno qualcosa dal buco. Tema che, quando si provi anche soltanto a discutere, viene sprezzantemente ridotto a chiacchiera portata dagli pseudogiornalisti lacché e servi del potere, et cetera et cetera.
Sgombero-bis? Calma e gesso – In breve, ancora al calar delle tenebre nessun fatto degno di attenzione, ergo stato dell’arte così configurabile: occupanti alla ricerca di un consolidamento delle postazioni acquisite, tipo Camicie rosse in movimento dal Giardino botanico ed agli ordini di Franco Ats per sferrare l’attacco risolutivo ai ragazzi della via Pàl capitanati da Giovanni Boka; autorità politiche cittadine e cantonali in allerta, non sia mai che qualche tegola cada sulle teste altrui o che qualche lucernario si sfondi sotto il peso dell’incauto tupamaro da birrino al grotto; forze dell’ordine mobilitate all’intorno ma poste in condizione di attesa, niente sgombero almeno per il momento, e ad ogni modo solo a cose in corso verremo a sapere noi stampari e capiranno essi guerriglieri. Intorno alle ore 18.00, colloquio telefonico in cui a parlare per il Municipio è stato Roberto Badaracco vicesindaco: ottenuta almeno la riduzione del disturbo arrecato alla quiete pubblica per via di emissioni sonore a quintalate di decibel, nessuna autorizzazione è stata data allo svolgimento di un’assemblea che in effetti – benedetti figlioli, ma vi si deve anche spiegare l’uso del fazzolettino quando vi viene da soffiarvi il naso? – si può tenere in qualsiasi altro e più confortevole luogo, tanto di più nel rispetto delle norme di profilassi igienico-sanitaria che, ecco, sta almeno fra le prime tre priorità del momento quand’invece il bisognino di fare comunella fra gli sfrattati dell’ex-“Macello” si situa oggi attorno alla 43.a posizione in una lista di 42.
Morale: si va a cena senza che s’abbia un’idea dell’evolversi della situazione. Non che ai cittadini, di quel che stanno facendo gli occupanti, interessi granché; spiace tuttavia per il tempo che s’ha da sprecare, noi tra gli altri per rendere attestazione cronistica di quel che avviene.