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Viaggio tra i sapori con la “Pro Grigioni italiano”: ecco il “ris cundì”

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“Ris cundì” o “ris cönsc” che sia nelle distinte declinazioni sui 10 chilometri da Brusio e Poschiavo, trattasi di presenza essenziale nella cultura culinaria del Grigioni di lingua italiana; e proprio sotto egida della “Pro Grigioni italiano” esso si appresta ad andare in pubblica disponibilità all’interno del progetto denominato “Gri-cettario”, riprese e testimonianze dirette – prodotto, cuciniere, racconto, immagini, suoni; in video mancano soltanto profumi e sapori… – per idea e mano dell’operatore culturale Giovanni Ruatti e con il prezioso contributo di Gianmarco Peroschi al montaggio. Da Brusio, sui fornelli di Daniele Dorsa, quella che diventa quinta puntata del percorso tra le identità del desco nelle valli italofone (tappe precedenti: “Pan e i polt” in Mesolcina, “Li manfriguli” in Valposchiavo, “Castegna cöcia da Calendamärz” in Bregaglia, “I gnocc da la palétta” in Calanca), e qui con un interrogativo di fondo: come mai un cereale difficilmente o per nulla coltivabile in determinate condizioni ambientali (conta la latitudine, ed in questo senso Brusio si trova poco più a nord rispetto ad Ascona, dove la produzione fu reintrodotta – dopo vari esperimenti fallimentari in varie parti del Ticino – sul finire degli Anni ’90; ma contano anche altitudine, vento, disponibilità di superficie, quantità di risorse idriche…) gode di un ruolo primario nell’alimentazione sul territorio? Una serie di risposte giunge proprio dall’indagine documentaristica di Giovanni Ruatti: per quanto dapprima considerato come una spezia (ed utilizzato con parsimonia) e poi destinato alla produzione di dolci, il riso divenne alternativa alimentare durante e dopo tempi di carestia ed incominciò ad affermarsi nel Norditalia sul finire del 14.o secolo, con rapida diffusione su aree estese ed attraversate da corsi d’acqua; di fatto, ideali le pianure dell’odierna Lombardia e dell’odierno Piemonte. Il punto di svolta anche concettuale – nel segno del “Magari non sei in grado di produrre quel bene, ma potrai sempre commerciarlo” – sarebbe in questo senso da cercarsi in due grandi fiere che ebbero luogo a Tirano poco dopo il 1500. Insomma, mezzo millennio di scambi (compreso il contrabbando, sissignori, un sanissimo contrabbando per sfamare la gente quando sul piatto finivano aria e nuvole).

C’è poi qualcosa di assai particolare, nella richiesta di Giovanni Ruatti e nelle conseguenti scelte del cuciniere Daniele Dorsa: al pari della maggior parte dei piatti provenienti dal contesto agreste, il “ris cundì” viene qui proposto al di fuori dello schema e delle convenzioni proprie di una ricetta; al cereale vengono dunque aggiunte verdure del campo e dell’orto secondo disponibilità, oggi e dunque anche con il prodotto surgelato, ad un tempo con il fresco… ma non soltanto. Prendiamo il caso di Brusio, per l’appunto: in cottura vengono aggiunte anche le castagne appena raccolte, ed opportunamente sbucciate, o in alternative le castagne essiccate. Per informazioni sul “Gri-cettario” consultare il sito InterNet della “Pro Grigioni italiano”; filmato all’indirizzo www.youtube.com/watch?v=iURtMZ5f0wk&t=20s e sulla nostra pagina “Facebook”. In prossima pubblicazione, sempre sulla pagina “Facebook” del “Giornale del Ticino”, anche i precedenti quattro documentari Pgi. Nella foto, Daniele Dorsa.