Home CRONACA «Coviddi ce n’è», da domani il Ticino si (ri)mette in maschera

«Coviddi ce n’è», da domani il Ticino si (ri)mette in maschera

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Metti la mascherina, togli la mascherina, rimetti la mascherina. Se non fosse un “refrain” dichiarato da più parti come necessario e quindi imposto (un giorno sarà tuttavia il caso di discutere circa il grado di efficacia di tale strumento, perlomeno nelle tipologie commercialmente più conosciute e diffuse), parrebbe una parodia del “Metti la cera, togli la cera” con cui il maestro Nariyoshi Miyagi educa Daniel LaRusso, futuro “Karate kid”. Ed invece, signore e signori, ci va già di lusso così: dalle ore 19.00 di domani, venerdì 9 ottobre, forse perché il dire “sùbito” con accento tonico sdrucciolo sarebbe stato letto e percepito come un “subito” con accento tonico sulla penultima (e tutto vuolsi fuorché l’irritazione dei cittadini per loro parte già a sufficienza tesi), la mascherina tornerà ad incombere sul nostro vissuto quotidiano covidiano similitaliano. Bon, certo: appena si metta un piede oltre la Tresa o sulla sponda tricolore d’un Gaggiolo o della Breggia si sale di tre gradini verso l’apice del paradosso, risultando preteso l’uso della fascia di sbarramento dal setto nasale al mento compreso ed in qualunque momento, così ordinò Giuseppe alias Giuseppi “Dictator” Conte presidente del Consiglio, e con effetto immediato, sicché sanzioni draconiane cadranno sulla testa di coloro che la mascherina si saranno dimenticati di indossare scendendo le scale e persino sull’uscio di casa. No, qui non vi saranno forzature; ma si arretra, eccome, nello scenario del possibile che dovrebbe tendere al reale.

Mai giunto ufficialmente ad una “fase quattro”, che è più o meno quella in cui comodamente si soggiorna nella confinante Andermatt (Canton Uri) e nell’ancor più limitrofa – se si vuol comprendere ed accettare la forzatura – San Vittore (Canton Grigioni), in materia di autodifesa dal “Coronavirus” e dai suoi complici – “in primis” la Signora Paura ed il Signor Terrore – il Ticino in quanto Cantone s’appresta dunque a tornare ad una posizione che sta fra il “due e un terzo” ed il “due e mezzo”: qualcosa vien tolto alla libertà individuale in nome del sempre conclamato bene(ficio) collettivo, qualcosa viene aggiunto alla profilassi; qualcosa inoltre si cambia, talun con diritto affermando che si cambia per esigenza conclamata, talun non meno legittimamente sostenendo già che impera il gattopardo e dunque si cambia al fine di non cambiare. Mutata è ad ogni modo la situazione: eravamo quasi felici, ai tempi in cui per tre giorni di fila si constatava il triplo zero (zero nuove vittime, zero nuovi ricoverati, zero nuovi contagi), ed ora dobbiamo per contro rilevare che i casi si sono impennati, fermo restando a venerdì 12 giugno – e Dio voglia che così rimanga – il già drammatico dato pertinente alle vittime e ben sapendosi che i ricoveri in strutture ospedaliere sono dato marginalissimo, sei in tutto i degenti (due in più rispetto a ieri, è vero anche questo) e nessuno di loro al di fuori del ricovero di tipologia ordinaria ossia senza terapia intensiva. Gli è che, a parte la massa di quarantene dichiarate ed imposte dallo sport alla “movida” (vedasi quanto riferito negli ultimi giorni in cronaca: Novazzano e Monteceneri nel calcio, discobar “La clava” a Bellinzona per i locali di ritrovo), la cifra dei contagiati è in espansione netta: 40 casi nel transito da ieri all’alba di oggi, linea tendenziale ad accumulo.

In altra parte del “Giornale del Ticino” la sintesi dei provvedimenti adottati, e che primariamente fanno giust’appunto perno sull’obbligo di utilizzo della mascherina nei supermercati, nei negozi, nei centri commerciali ed in altre strutture frequentate da più persone non appartenenti al proprio nucleo familiare, più la raccomandazione all’uso laddove il mantenimento della distanza sociale (il solito metro e mezzo, facciamo due per comodità, sui quattro punti cardinali rispetto al proprio torace) risulti impossibile o dubbio. Sul resto, a cattivo gioco si faccia buon viso; o, almeno, buon viso per tutta la parte che rimane scoperta, sino a che si potrà ancora ridere a denti stretti o mugugnare.