Checché giorni addietro abbia provato ad opinare un certo funzionariotto bernese, mettendola sul giuridico che in situazioni di assoluta emergenza – e l’emergenza c’è – deve farsi da parte, il Ticino della politica ha avuto ragione e nella capitale federale prendono atto del suo diritto ad agire a propria tutela. Come cambiano le cose, vero?, quando al burocrate che pretende un’applicazione “tout court” di concetti accademici vengono opposti una volontà politica e, insieme con essa, i fatti. I fatti, che parlano per noi tutti, nelle cifre e nelle identità dei morti, dei contagiati, dei ricoverati, degli intubati, e della situazione specifica di un Cantone che resta in almeno parziale osmosi con il Piemonte e soprattutto con la Lombardia, per puro caso sul lato di quest’ultima che è meno crivellato dal dramma Covid-19 (Varese e Como, dove si soffre giorno dopo giorno con lacrime che nessuno asciuga, ma con numeri nemmeno paragonabili a quelli di Bergamo e di Brescia). Siamo “Sonderfall”, ed al termine di una settimana convulsa ciò è stato oggi riconosciuto in sede di Consiglio federale: esistono infatti casi eccezionali in cui una norma cantonale può spalmarsi sulla norma federale e risultare più restrittiva. Casi eccezionali, è stato ripetuto in modo quasi ossessivo nel corso del consueto punto informativo di giornata; ma grazie, conosciamo il vostro tedesco ed il vostro francese meglio di quanto voi conosciate il nostro italiano, e dell’essere l’epidemia da “Coronavirus” qualcosa di fuori dall’immaginabile forse non tutti si sono resi ancora conto, mentre fra Airolo e Chiasso l’evidenza va oltre sé stessa, e quindi sarebbe bastato il dire una volta che questo è per l’appunto un caso eccezionale.
Diritto alla salute sulla corsia di sorpasso rispetto al diritto federale secondo i libri, dunque, con riconoscimento di un principio di necessità; a mani libere sono pertanto, a Palazzo delle Orsoline in Bellinzona, coloro che in ultimo – in ultimo, quale quarto di cinque possibili livelli di restrizione – decisero di fermare ogni attività d’impresa che non fosse strettamente funzionale alla quotidianità, compresi quindi i cantieri, e le cave, e le aziende fuori dalle filiere dell’alimentare e del farmaceutico. Lo sono e, quasi per decreto, lo erano; accordata – oh, quale cortesia, quale gentilezza – anche la retroattività del provvedimento, con allineamento proprio al giorno in cui esso fu dettato e adottato; questo per dare un taglio al nodo gordiano dei versamenti, ché da un eventuale “via libera” solo in data successiva sarebbe derivata una zona grigia per la copertura delle indennità, ad esempio. Cosa interessante in questa sorta di “Lex Ticinia” formatasi e formulata all’impiedi: solo il nostro Cantone, a detta dei bernesi di Palazzo federale e si segua con attenzione l’enunciato, rientra nella categoria di coloro che rispondono appieno ai criteri in forza dei quali la clausola è temporaneamente utilizzabile. Il Ticino sì, per dire, ed il Moesano no, sebbene il quadro generale sia assai simile; capirete il giusto malumore albergante anche tra i parlamentari della Svizzera di lingua italiana che sta appena appena oltre Lumino.
Di massima, e così Berna ha voluto prendersi la soddisfazione di rimarcare che ha pieno controllo su quel che accade (discutiamo poi delle libertà che sarà d’uopo il concedere quando – e purtroppo – con il Covid-19 dovranno fare conti grossi anche le autorità di Cantoni non periferici), sono state poste alcune regole che varranno da oggi in poi, “qualora in forza della situazione epidemiologica sussista un particolare pericolo per la salute della popolazione” (messaggio reiterato per i non udenti: di Covid-19 si muore a raffica ed a catena, e non solo qui, ed al momento non si dispone di un vaccino né si pensa di averlo lunedì prossimo: che altro serve per definire un pericolo come “particolare”?). Allora: qualora et cetera, l’autorità politica del singolo Cantone in cui sia rilevato cotale e cotanto problema è tenuta a chiedere che Berna autorizzi provvedimenti più restrittivi in contesto locale, cioè del Cantone medesimo; ma l’istanza ha legittimità se e soltanto se, ad esempio, proprio sul territorio non si ha certezza di poter attuare e di poter far rispettare i criteri di prevenzione e di profilassi che si impongono, e se e soltanto se si constata (e si fa osservare) di avere “capacità insufficiente” in materia di assistenza sanitaria. Quasi che si debba giungere allo stremo delle forze, ed al limite dell’esaurimento delle risorse ospedaliere ed ambulatoriali, prima di poter alzare la testa.
Grazie, ad ogni modo, Berna. Il Ticino sta provando a cavarsela. Il Ticino trema, ma rema.