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Discarica da bomba ambientale in riva alla Tresa: otto denunciati

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(ULTIMO AGGIORNAMENTO E RIEPILOGO, ORE 23.20) Come nella tradizione delle varie “terre dei fuochi” dal Nord al Sud della Penisola, il malandazzo era sotto gli occhi di tutti ma risultava occultato, dissimulato, intangibile. E sì che a governare quella discarica abusiva, con ruoli e responsabilità in corso di accertamento, erano almeno in otto, gli otto finiti sotto denuncia davanti all’autorità giudiziaria di Varese per la violenza perpetrata su tre ettari di terreno, ad un passo della riva della Tresa dirimpetto a Croglio, in cui scaricavano di tutto: pneumatici, rottami di veicoli, pezzi di “Eternit”, plastiche. Il riciclabile – solo che vi fosse stata l’intenzione – ed il non riciclabile, con manifesta prevalenza di quest’ultimo. Conoscevano la via – poco o per nulla praticata da altri – per l’accesso dalla Strada provinciale numero 61, quegli otto, e non è detto che a questo numero di soggetti si limitino le indagini. Conoscevano la stradina; a due terzi del percorso, anzi, avevano piazzato un cancello o l’avevano trovato e fatto proprio come bastione e presenza dissuasiva, non si sa mai che qualcuno volesse buttar lì un’occhiata; appena oltre, l’immissione su un’area dall’entità data per ora a stima aerofotogrammetrica, ma questo è l’ordine di grandezza, in cui liberarsi di ogni genere di rifiuto. Proprio, e degli amici, e degli amici degli amici. Addirittura all’insaputa, per quanto risulta, di un privato che lì è proprietario di un appezzamento incolto e che i tizi dell’immondizia spagliata a cielo aperto, oltre che in parte sommersa da terra, avrebbero spodestato senza che egli di ciò si accorgesse.

Sei gli italiani nel gruppo, cui erano stati aggregati un albanese ed un turco, con vario grado di responsabilità nei reati ambientali commessi in territorio comunale di Cremenaga (Varese), località Somneggio, zona dell’ex-caserma e della soppressa stazione ferroviaria sulla defunta linea Luino-Ponte Tresa in direzione di quest’ultima; un lato dell’area insiste direttamente sul fiume, in àmbito per gran parte pertinente al Demanio e – ironia dell’antitesi – sotto tutela paesaggistica, potendosi e dovendosi dunque temere che i materiali solidi, e quelli reflui soprattutto, siano penetrati nel terreno giungendo ad inquinare la falda freatica per ampia fascia e sino alla Tresa stessa, risultando consistenti materiali (così quanto spiegato dai vertici dell’Arma dei Carabinieri di Varese) sino a meno di 100 metri dalle sponde, e forse a cinque dal limite del campo di osservazione dall’esterno. Tutto calcolato, ma non solo: in quei tre ettari, forse per dare l’impressione di un’attività ordinaria, erano stati “parcheggiati” anche cani, maiali e cavalli, animali ora in corso di trasferimento verso strutture idonee.

Da quanto le cose procedessero in tal modo non è dato di sapere al momento, essendosi da poco iniziate le perlustrazioni palmo a palmo anche se i primi rilevamenti – su informativa, si noti bene, giunta da privati che vivono su suolo ticinese e che dunque riuscivano a scorgere quel che a Cadegliano Viconago nessuno vedeva… – risalgono almeno a novembre; come dire che il lavoro dei Carabinieri forestali (nucleo investigativo), appoggiati da effettivi della compagnia di Luino e di ben tre stazioni forestali (Arcisate, Luino e Cunardo) è ben lontano dall’essere concluso. Gli addebiti sono configurabili su più temi: discarica non autorizzata, gestione illecita di rifiuti, alterazione delle risorse ambientali, occupazione di terreno demaniale, distruzione o deturpamento di bellezze naturali. Sul fondo, una domanda: d’accordo, l’area è discosta e nascosta; ma perché proprio in quel luogo? Vi è altro, e di persino più allarmante, da immaginarsi?