Nell’arco di cinque anni, vale a dire dal 2014 al 2019, 584 trasporti irregolari accertati da e per destinazione interna alla Svizzera, mediante utilizzo di 30 semirimorchi immatricolati all’estero e dunque non ricadenti sotto imposizione fiscale elvetica: tale l’addebito, in sostanza confinato al cabotaggio, che viene mosso oggi dai vertici dell’Amministrazione federale delle dogane ad una società di trasporti con sede in Ticino, sulla chiusura di un’indagine condotta ad ampio spettro – e con la collaborazione dei responsabili della Polcantonale glaronese – dal mese di aprile ed il cui esito si traduce alla pretesa di tributi doganali per poco meno di 50’000 franchi, oltre a tre processi verbali per altrettante persone che, secondo informative di fonte Afd, “rischiano ora pesanti sanzioni”. La società ha casa madre in Italia, sede su suolo cantonale e, sul versante operativo, è gestita da personale impiegato all’estero. Il meccanismo: semirimorchi immatricolati a nome della casa madre d’oltrefrontiera; camion (nel senso della motrice) regolarmente immatricolato in Svizzera; all’andata, dall’Italia alla Svizzera interna, in regime di trasporto transfrontaliero; sul rientro dalla Svizzera interna verso la Penisola, altri “pallet” di merce venivano caricati ma con destinazione Ticino, determinando quindi una forma di cabotaggio (il veicolo proseguiva poi, ed effettivamente, sino al territorio tricolore).