Il titolo nazionale verrà, forse; la “Coppa Spengler” che è prodotto della casa, per la 17.a volta (e per la seconda da quando Josh Holden è in panca), è già arrivata. Con finale arrembante (55.21, Filip Zadina; 56.48, Enzo Corvi; 57.49, Matej Stransky a gabbia avversaria vuota) per il 6-3 finale sulla Us Collegiate Selects cioè un manipolo multinazionale (68 per cento Usa, 24 per cento Canada, il resto equamente suddiviso tra Slovacchia e Lettonia), è del Davos il successo nell’edizione 2025 del più antico fra i tornei hockeystici ad invito, o perlomeno tra quelli sopravvissuti alle mode, al tempo, al mutar di intendimenti e, in fondo, alla patina del tempo. La quale è e resta usurante, purtroppo, percependosi un’effettiva stanchezza concettuale: ballano soldi importanti – e che aiutano a far quadrare il bilancio – per i grigionesi, e d’accordo; agli ospiti sono garantiti rimborsi ed ospitalità, d’accordo anche su questo; il consenso in àmbito territoriale non manca, va bene; resta tuttavia legittimo il domandarsi quale senso abbia oggi, fuor dalla mera tradizione, un appuntamento in cui vero agonismo ed autentico “pàthos” sono stati rilevati forse solo oggi, nell’incontro finale di un evento ormai impiccato nel mezzo della stagione sicché chi ad esso prende parte sembra avere principalmente la preoccupazione di non farsi male; financo nel confronto tra Davos e FriborgoGottéron, in palio il biglietto di accesso all’atto conclusivo, il basso punteggio (3-1, con terza rete gialloblù a 10 secondi dalla sirena) è esito non di prestazioni sovrane dei difensori e degli interdittori ma di un comportamento quasi disinteressato da parte di molti.
Finale degna, il resto boh – Al Davos i complimenti non per solo dovere di ufficio: contento il pubblico, contenti gli “sponsor”, contenta la dirigenza; contento Adam Tambellini autore di una doppietta (14.49 per il 2-1, 31.03 per il 3-2) anche se le statistiche si rivelano premianti soprattutto per Enzo Corvi, un goal e due assist compreso quello per il primo vantaggio (11.15, a bersaglio Rasmus Asplund); dal momento tuttavia che il Davos entra in cronaca due o tre volte la settimana da settembre ad aprile, due parole in più sono da spendersi per gli sconfitti, I Selects, già: hanno fatto assai più di quanto ci si sarebbe aspettati, sono rimasti in partita sino all’ultimo, per tre volte si sono trovati sul rimorchio e per tre volte (13.25, Ryan Walsh; 23.56, Aiden Fink; 33.42, Jack Musa) hanno avuto la forza di rientrare in quota; nulla anzi avrebbe rubato vincendo il torneo, questa pattuglia formata con 26 chiamate – 25 di base, più l’attaccante Chris Pelosi chiamato a sostituire Owen Beckner infortunato – da 17 diverse realtà della Ncaa-1 e cioè tra gente che, se per caso nell’hockey professionistico non troverà spazio, potrà sfruttare il titolo accademico aggiungendo al “curriculum” una significativa esperienza; restandosi in àmbito di “Coppa Spengler”, ottime carriere fuori dal ghiaccio ebbero del resto vari soggetti visti con i Minnesota Golden Gophers della University of Minnesota (presente nel 1981) e con i North Dakota Fighting Sioux della University of North Dakota (in visita nel 1982). Apprezzabile per armonia e per intesa il blocco proveniente dai Nittany Lions squadra della Penn State University e che alla causa ha fornito cinque giocatori compreso MacDonald Gadowsky, che per inciso è anche figlio del selezionatore Guy Gadowsky il quale appunto allena a Penn State; qualche bella individualità; non pochi i figli d’arte (il 21enne Zam Plante, ruolo centro, è figlio di quel Derek Plante che dopo lodevolissima carriera – circa 500 partite, compresa una “Stanley cup” – in Nhl fece assai bene a queste latitudini con gli Zsc Lions in massima serie nel 2002-2002 ed infine con il Langenthal in cadetteria nel 2007-2008). E tuttavia…
Ma la Ncaa-1 è ben… di più – E tuttavia. A rigore di “ranking” Ncaa-1, un solo elemento dalla squadra che sta al primo posto (i Michigan Wolverines della University of Michigan), uno solo dai Wisconsin Badgers della University of Wisconsin-Madison che è seconda, e così via dicendosi; quelli di Penn State navigano attorno all’ottava-nona posizione, il portiere Josh Kotai viene dagli Augustana Vikings della Augustana University, arrivata in Ncaa-1 dalla Ncaa-2 appena due anni addietro e che, per quanto riguarda la classifica nazionale, è un’emergente ma nemmeno entra fra le prime 20; sullo stesso livello stanno i New Hampshire Wildcats da cui era stato chiamato l’attaccante Martins Lavins; questo per dire che gli Us Collegiate Selects visti all’opera sono discreti, in alcuni casi anche buoni, ma che anche altro – e, in parte, di meglio – avrebbe offerto la Ncaa-1. Oh, vero, una quindicina di questi giocatori ha già trovato spazio nelle varie “draft” della Nhl; pochi, però, con posizioni da sparo; ad esempio, lo stratalentuoso 21enne Aiden Fink miglior marcatore dei suoi al torneo davosiano è finito al numero 218 nel settimo giro del 2023, in nome dei Nashville Predators (suggerimento: fisico non da sballo, ma per Svizzera e Germania e Francia il giocatore andrebbe benissimo); diciamo che, in generale, parecchi hanno trovato qui una vetrina e che a tutti – a Jack Musa dei Massachusetts Minutemen ed a Terry-Jonathan alias “T.J.” Hughes – uomo da 150 punti in 71 partite nell’ultima stagione di Ajhl e da 150 punti in 136 partite di Ncaa-1 – dei Michigan Wolverines soprattutto: nessuno li ha cercati nelle “draft”, ma scommetteremmo cinque franchi alla pari su entrambi – sono da formularsi auguri per un brillante prosieguo di carriera.
Saluti, baci e… speriamo – Circa FriborgoGottéron, Sparta Praga, TeamCanada (sensazione: raffazzonatino, neh) ed Hifk Helsinki, un “grazie” per la partecipazione e speriamo che per l’anno prossimo, a Davos, provino a trovare una quadra diversa: per i nomi, è un auspicio; per la formula, è un imperativo.





















































































