Se qualcosa non ti torna e vuoi trovare le prove di un atto di corruzione o di concussione, segui la pista del denaro, ché prima o poi un soldino cascherà dalle tasche; se ti viene in mente che un furto potrebbe essere stato cosa diversa da quel che pare, segui la pista della merce, ché prima o poi un pezzo “trafugato” verrà fuori. Non in un colpo da spettacolo e nel cui contesto spariscono borse ed accessori di alta gamma (controvalore secondo listino: franchi a centinaia di migliaia) senza che sia cagionato danno fisico a terzi ed anzi senza un segno di scasso che sia uno, ma in una assai graziosa ed ancor più stupida truffettina confezionata a misura di proprietaria del negozio va oggi a risolversi l’episodio approdato in cronaca nella primavera ultima scorsa, venerdì 18 aprile la data, Ascona dalle mille botteghe il luogo. Fatta breve, i riscontri condussero a sensazioni distoniche, le sensazioni distoniche condussero ad indagini sia dalla breve sia dalla media sia dalla lunga gittata, le indagini condussero a coinvolgere forze dell’ordine fuori dai confini cantonali e con estensione degli accertamenti in vari Cantoni quali Berna, Argovia e Soletta; la titolare dell’attività, in sostanza, si era messa d’accordo con un malvivente e per suo tramite era giunta ad altri malviventi, primo passo uguale trovare il mediatore e con lui accordarsi, secondo passo uguale lasciare che il mediatore si organizzasse con gli esecutori, terzo passo uguale svuotamento del punto-vendita. Alla sintesi di carattere inquirente: sei arresti, un fermo, possibile altro tintinnar di manette da qui a fra un popoino.
Tutto orbitava – di ciò è convinto il procuratore pubblico Luca Losa – attorno ad affari che non andavano benissimo ed al desiderio di sistemare le cose incassando l’assicurazione: eh, santa pace, le borse erano ben ben sparite, quei bastardi avevano ben ben calcolato tempi e modalità di azione, oh, un disastro, come potrò mai risollevarmi? I poliziotti – sul terreno si mossero effettivi della Polcantonale e della Polcom Ascona; sarebbero poi stati coinvolti membri di altri corpi cantonali e specialisti dell’Ufficio federale dogana-sicurezza confini – si dimostrarono fors’anche comprensivi, per il primo quarto d’ora, diciamo, ma c’era troppo di che e poco di che altro, magari uno avrà anche pensato che furti “puliti” come questo faticano persino ad entrare nei manuali. Prima svolta tra fine aprile e metà maggio: ciliegia dopo ciliegia, in manette e destinati alla carcerazione preventiva un 39enne rumeno, un 31enne parimenti rumeno ed un 32enne macedone; nel frattempo, interrogatori, verifiche incrociate e controlli sui movimenti dei soggetti interessati consentirono di acquartierare l’impresa tra le ascisse della frode e le ordinate del raggiro, tutti d’accordo e ciascuno avrebbe avuto il suo profitto. Tappa successiva, dunque, il fermo dell’esercente, una 57enne titolare di passaporto svizzero e dalle origini non precisate: per lei niente arresto ma provvedimenti sostitutivi. Ad agosto, altro giro e altro “triplete” fra intermediario e collaboratori all’epica ed eroica impresa (sia detto: si situa parecchio in basso, nella graduatoria dei reati predatori, il rubare con l’esplicito consenso ed anzi sotto dettatura del derubando. Il farsi beccare per un simile furto è poi da radiazione – per indegnità manifesta – dal registro professionale delle maestranze del crimine); dietro alle sbarre tre domiciliati in lande d’OltresanGottardo, specificamente un 36enne cittadino svizzero d’origine non controllata, un 47enne cittadino svizzero in analoga condizione ed un 36enne kosovaro; tutti e tre, tra l’altro, con discreti “curricula” nell’àmbito specifico.
Cosa fatta capo ha: sei arresti, un fermo, a nudo la struttura dell’operazione. D’altro potremmo trovarci a parlare fra qualche tempo, lasciano intuire fonti del ministero pubblico indicando che effettivamente è “al vaglio” la posizione “di altre persone”; pazienti s’aspetterà.