È chiaro il fatto che egli cerca di piazzare la sua merce. È similmente ed in pari misura chiaro il fatto che, come ogni commerciale quando effettua il giro annuale dei clienti “grossi”, egli vende sia quel che ha in magazzino sia quel che arriverà in catalogo: se non domani, doman l’altro o fra un anno, e questo fa parte del meno del discorso. L’importante sta nel suscitare attenzione, l’importante consiste nel generare interesse; l’importante, soprattutto, si rivela nel tagliar fuori la concorrenza.
Così ha agito ieri, nella seconda tornata della visita a sud delle Alpi ossia quando si è trovato a confronto con le autorità politiche cantonali, Andreas Meyer amministratore delegato delle Ferrovie federali svizzere. Così, su tre linee. La prima: disinteressarsi dei problemi causati ed esistenti, dunque ignorare in scioltezza la questione sussistente in un Ticino flagellato dai ritardi e dalle soppressioni di vettori, non importa se provenienti da nord o da sud, ci si è in mezzo ogni giorno sulle lunghe percorrenze e potrete capire che il traffico regionale, se la rotaia è intasata dai vettori “pesanti” e dai merci sovrabbondanti, fa esattamente quel che può fare, cioè si infila negli interstizi e si scansa – cioè, si mette buonino buonino su binario di attesa – quando s’avvicina il poderoso e tronfio “InterCity” o qualunque altro convoglio con priorità superiore. La seconda: mettere sul piatto il campionario, in parte già fatto conoscere con sagace strategia nel corso dell’anno, in parte da cavar fuori al momento opportuno (ed “opportuno” fa rima con “Giruno”, miracolistico treno di casa “Stadler” estratto dal cilindro proprio ieri in quel di Bellinzona, taaac con il gioco di prestigio destinato ad incantare il pubblico ma che, al momento, stupisce solo chi sta in prima fila. I problemi di cui alla linea numero uno, difatti, restano). La terza: approfittare della condizione di debolezza di un avversario e colpire al fegato. Sotto la cintola, vabbè; tanto, l’arbitro non vede. Anzi, sembra persino che l’arbitro se la sia data a gambe prima dell’incontro. Certo che migliori condizioni ambientali di queste, Andreas Meyer, non avrebbe potuto trovare: una cosa è l’arrivare a dire che il treno è competitivo per i prezzi, un’altra è il poter affermare che il treno è competitivo anche per i tempi di percorrenza, ed un’altra ancora è il giungere nel momento in cui Lugano-Agno ansima mentre dalla tua parte hai un’“AlpTransit” in piena evoluzione. Come qui previsto, la circostanza perfetta per indossare i panni del celebrante in un funerale di terza classe, sul catafalco l’aeroporto in rapida retrocessione verso il ruolo di aerodromo e, da quello, in decadimento verso la mera pista semmai utile per una partita di unihockey: quattro chiodini sul coperchio della bara, e ciao.
Esattamente questo il messaggio: treno batte aereo, dal 2020 non vi sarebbe motivo per preferire il secondo al primo. E, del resto, non avete sentito i capintesta della “Swiss”? Il collegamento Lugano-Zurigo e viceversa è tutt’altro che garantito, per il futuro; sulla linea si stanno mettendo a fuoco possibili ridefinizioni del concetto; oh, no, in Ffs si ama la sfida e chiaramente si detesta ogni situazione che possa costituire un disagio, ma a ben vedere disagio non avreste nemmeno per arrivare a Berna, chi tale necessità si trovi a manifestare. Mancavano solo le “slide” multicolori e l’accompagnamento di gentili “hostess” (ops, guai a pronunciare questa parola) e poi lo spettacolo pirotecnico sarebbe stato servito. Piccolo errore: Andreas Meyer avrebbe infatti avuto bisogno di un uditorio cui propinare, dopo la fascinazione delle parole, anche l’abbacinamento delle luminarie e dei fuochi d’artificio. La condanna a morte di Lugano-Agno è infatti ancora di là da venire, e non sarà un “manager” a firmare la sentenza.
Se tuttavia la politica non si dà una mossa alla sveltissima, e ciò con strategie che si situino oltre la linea della mera speranza in questo o in quel marchio d’impresa (i dassaultiani come nuovi “partner” in forza dell’essere subentrati alla “Ruag” per le attività di manutenzione? Eh, un bel sillogismo, ma tutto troppo da coniugarsi all’ottativo…), l’aerodromo morirà di consunzione, senza bisogno di un atto formale. E no, non dite che Lugano ha bisogno, che Lugano non può restare senza, che Lugano et cetera. Non sono più i tempi in cui ci si può permettere una perdita secca per un’infrastruttura funzionante ad un risibile “ics” per cento sul potenziale.