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L’editoriale / 50’000 franchi al vento per il Gran Consiglio delle stizze

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Gran Consiglio al rientro forzato con seduta straordinaria a Lugano (“PalaCongressi”), sempre che alle ore 14.00 – o, meglio, nel momento preciso della verifica da parte del presidente del Legislativo – risulti esser stato raggiunto il numero legale, sostanzialmente per dibattere circa un tema sul quale il Gran Consiglio non ha voce “ex iure”, vale a dire la decisione presa in seno all’Esecutivo sul parziale concambio di competenze fra Norman Gobbi direttore del Dipartimento cantonale istituzioni e Claudio Zali direttore del Dipartimento cantonale territorio; nei fatti, Norman Gobbi acquisirà la Divisione costruzioni dal collega ed a lui cederà la gestione di Polcantonale e magistratura, secondo la formula “ridotta” che è stata concordata e condivisa con gli altri membri del Governo cantonale durante la sessione “extra moenia” di mercoledì 9 luglio a Bedretto. In origine, come si ricorderà, i due esponenti leghisti avevano stabilito uno scambio “tout court” nella conduzione dei rispettivi Dipartimenti, a quanto consta dandone pubblica informazione (la notizia uscì sul “Mattino della domenica”, con immediato riverbero sulle altre testate giornalistiche del territorio, e non solo) ma avendo omesso di rendere contestualmente conto agli altri tre compresenti nella stanza dei bottoni a Palazzo delle Orsoline.

La seduta, al prezzo di 300 franchi per diaria individuale dei granconsiglieri più affitto del “PalaCongressi” ed esigenze di servizio con il personale sicché le casse piangeranno per buoni 50’000 franchi di evitabilissimo spreco, si preannuncia come mera replica di dichiarazioni già rese a mezzo stampa dagli esponenti dei vari partiti e movimenti, dichiarazioni cui invero è corrisposto un modestissimo riscontro di interesse da parte dei cittadini, buona parte dei quali ormai mitridatizzatisi persino ai toni apocalittici e falsamente scandalizzati di qualche capopopolo e di un paio di editorialisti o eterodiretti o in malafede o non al posto giusto, giornalisticamente parlandosi. Del numero legale si è detto: pur considerandosi il periodo dell’anno e pur avendosi a mente il diritto dei singoli e persino dei gruppi a porsi temporaneamente sull’Aventino, garantite almeno 46 presenze ed alla fine vedremo in aula – pardon, in sala spettacolo – fra i 71 ed i 78 deputati cui spetterà per l’appunto l’esame del tema secondo richiesta giunta dai granconsiglieri Matteo Pronzini e Giuseppe “Pino” Sergi, amendue in quota Mps-Indipendenti, e legittimata dalle firme di altri 35 membri del Legislativo (37 in tutto, dunque: in forza dell’articolo 113 della Legge sul Gran Consiglio, ne sarebbero bastate 30). Della partita non sarà invece Claudio Zali, che con pari legittimità si è detto disinteressato ad una questione già definita e su cui non sussiste bisogno né di reinterpretazione né di valutazione politica all’interno di una sede istituzionale (ciò, si ribadisce, ferma restando la facoltà di dissenso, di critica e financo di manifestazione in piazza, qualora un simile atto a taluno appaia – o, ormai, fosse apparso – utile).

Un rischio vi è, oggi, e per scongiurarlo ci si affida al “savoir-faire” ed al senso pratico di Fabio Schnellmann presidente del Gran Consiglio: che qualche presa di posizione, per accenti e per interessi, si trasformi in sguaiatissimo attacco alle persone e in un anticipo di regolamento di conti funzionale ad ambizioni che si collocano, in termini di calendario, all’aprile 2027. Perché questa, almeno su un fronte dell’emiciclo, è la realtà: archiviata sì e no una mezza legislatura (sì e no per via dell’esserci stata di mezzo un’estate nemmeno andata ai titoli di coda), l’adesione di un cospicuo numero di deputati all’istanza di Matteo Pronzini e di Giuseppe Sergi – istanza che in origine era una provocazione, un “Ci preme ma figurarsi se…” – è né più né meno che una mossa sulla scacchiera da parte di chi sta già andando a caccia di un seggio, confidando in rimescolamenti che le cifre danno come possibili oggi, ma domani chissà.