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Hockey Nl / Rivoluzione Lugano, cacciato anche chi colpe non ha

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Con ritardo di un buon mese sull’evidenza dei messaggi giunti dalla pista, dove una squadra prefigurata per il quinto-sesto posto al termine della stagione regolare (parole non nostre, ma della dirigenza) si è via via persa ritrovandosi penultima in graduatoria e per di più avendo concesso tre punti freschi freschi all’Ajoie ultimo, i vertici societari dell’Hockey club Lugano hanno optato ieri per una sorta di licenziamento collettivo da cui si salva il solo Antti Tormänen, 54 anni, in realtà giunto alla corte di Vittoria “Vicky” Mantegazza – con il mai chiarissimo ruolo di “advisor” – solo cinque settimane addietro e dunque beneficiario almeno del dubbio. Quanto agli altri, e s’intende proprio “tutti” gli altri, stretta di mano e peccato ma non è più qui il vostro ufficio: via Luca Gianinazzi di anni 32, allenatore in capo dall’ottobre 2022; via Hnat Domenichelli di anni quasi 49, direttore generale; via anche – ma pensa tu quale grado di responsabilità essi possono avere nella “débâcle” dei bianconeri – Krister Cantoni di anni quasi 52 e Kalle Kaskinen di anni quasi 50, assistenti allenatori. La menzione delle età è qui non casuale e non peregrina: ingeneroso sarebbe l’attribuire soverchie responsabilità a Luca Gianinazzi pur dovendosi far conto della sua giovane età e della sua relativa esperienza alla transenna con un gruppo in cui quasi tutti appartengono alla sua stessa generazione, ma proprio con scarti minimi.

Delle formule di congedo e delle loro sfumature, su cui la squadra dei comunicatori acquartieratisi dalle parti della “Resega” di Porza ha avuto modo di ragionare sin da ieri pomeriggio ché la decisione di silurare a destra ed a manca per l’appunto risale effettivamente a ieri, si occupino gli esegeti ed i sapientissimi lettori dei fondi di caffè: nel caso di Luca Gianinazzi, “ogni bene per il futuro” è augurato “all’uomo ed al professionista”, di cui sta tuttavia scritto che è “sollevato dall’incarico” quand’invece miglior apprezzamento al partente sarebbe stato l’indicare una comune e condivisa percezione del non poter andare avanti così, impietosi essendo i numeri (13 vinte, 23 perse; per trovarsi al livello atteso sarebbe servito almeno un “record” da 21-15); Vittoria “Vicky” Mantegazza afferma del resto che “la situazione è precipitata” e che “la squadra è entrata in un buco nero”; di suo, Marco Werder presidente del Consiglio di amministrazione sostiene che “la fragilità mentale della squadra è tuttavia troppo evidente”. Semplicemente “esonerati dall’incarico” i due assistenti, cui sono riconosciuti “energia e spirito di gruppo” e amen, boh; al contrario, chissà quale e quanto “comune accordo” è o sarebbe subsidente alla “fine della collaborazione professionale” instaurata nell’estate 2019 tra società e Hnat Domenichelli, la cui decisione di prendere strade diverse sarebbe maturata “in questi giorni”; sino all’entrata in carica di un “nuovo responsabile del settore sportivo”, espressione con cui non è detto che sia designato un vero e proprio “general manager” plenipotenziario, l’uscente sarà a disposizione “sul piano amministrativo”.

Le prossime tappe, beh, almeno quelle sono chiare: serve un tecnico e serve un “vice” che non sia la sua fotocopia; chiunque arrivi (“Stiamo lavorando alacremente per portare a Lugano un nuovo capoallenatore e per designare i suoi nuovi assistenti”) non potrà inventarsi granché, sull’immediato, a parte il primo lavoro sulle situazioni speciali ossia “penalty killing” e “powerplay”. Girano nomi buoni (il germanico Uwe Gerd Krupp, ultima esperienza nella natìa Colonia, in chiaro vantaggio) e nomi meno buoni; uno, papabile secondo fonti Rsi, viene da recente esonero. Atto di grande, grandioso, superno coraggio sarebbe il mettere la squadra nelle mani dei prominenti nella squadra: non per fare un “kolhoz”, ma quale segno di fiducia, piuttosto che scegliere fra ciò che a gennaio, cioè nel pieno della stagione agonistica in tre quarti del mondo e meglio nel 100 per 100 del mondo hockeysticamente evolutosi, il convento passa e di rado ben passa, a men che si guardi a chi è fermo da tempo in bacino di carenaggio.