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Svizzera-Ue, Bilaterali da suicidio. Parola d’ordine: armarsi per il “referendum”

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Maturano nel venerdì delle “tre streghe”, e forse tale coincidenza non è un caso, la rottamazione e la svendita della Svizzera a piacimento e ad esclusivo godimento della Bruxelles giacobina: con annuncio denso ed intriso di autocompiacimento in misura inversamente proporzionale al rispetto dei diritti dei cittadini elvetici, dal Consiglio federale è giunta notizia della “sostanziale” conclusione – l’aggettivo, da prendersi con ogni necessario beneficio di inventario, giunge dalla voce di Ignazio Cassis e tanto basta – dei negoziati detti “Bilaterali III” fra Svizzera ed Unione europea, con il contestuale raggiungimento di un accordo. Da definirsi in termini formali nei prossimi mesi, secondo i singoli Dipartimenti, dicono e sta scritto; di massima, il testo finale sarà parafato (cioè sottoscritto in forma di impegno acquisito) tra fine marzo e la seconda decade di giugno 2025, previo perfezionamento delle traduzioni e delle formulazioni giuridiche; nel frattempo, procederanno le attività interne al territorio della Confederazione in modo che tutti gli attori si pieghino al volere della Berna soggiogata da Bruxelles. Soggiogata, ed a carissimo prezzo: dalle sole casse confederali verso le sole casse dell’Unione europea (causale: “Coesione”, la stessa formula utilizzata per i pregressi versamenti miliardari) usciranno le sole cifre di cui si sia discusso con inquadramento aritmetico, e ciò al ritmo di 130 milioni di franchi ogni anno dal 1.o gennaio 2025 al 31 dicembre 2029, e dunque nella misura complessiva di 650 milioni di franchi; a seguire, cioè dal 1.o gennaio 2030 al 31 dicembre 2036, 350 milioni di franchi ogni anno, ovvero 2’450 milioni di franchi nel settennio, ed a somma diventano 3’100 milioni di franchi nello spazio di 12 anni, sempre salve rivalutazioni ed eventuali richieste supplementari circa la cui misura non sono per ora dati i parametri. Si noti: versamenti non “sostitutivi” di quelli precedenti, ma in aggiunta ovvero a supplemento. Questo è l’esito di 197 riunioni svoltesi dal tempo del mandato negoziale, risalente non al Pleistocene ma soltanto a venerdì 8 marzo: ogni giudizio al proposito rischia di essere pleonastico.

L’entità del danno arrecato alla Svizzera da tale accordo, di cui l’autorità politica federale fornisce un commento ma non il testo così come sino ad ora messo nero su bianco (del resto, l’esame in sede parlamentare avrà luogo non prima della primavera 2026), è espressa in due distinti commenti ai massimi livelli istituzionali. Nell’ordine: “Vantaggioso per entrambe le parti” (Viola Amherd, presidente uscente della Confederazione); “Storico” (Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea). Del documento, o di quel che come documento intendiamo, è proposta pertanto una lettura “win-win” che risulta tuttavia sconfessata già dai primi elementi emersi. Sull’altro piatto della bilancia, cioè a presunto beneficio della Confederazione elvetica, figurano la facoltà di partecipare ai bandi di concorso (occhio alla gherminella: a “quasi tutti i bandi di concorso”, nessuna precisazione al proposito) di “Orizzonte Europa”, “Euratom” ed “Europa digitale”) sin dal gennaio 2025, mentre per un rientro nel contesto “Erasmus” bisognerà aspettare sino al 2027, ed allora è come dire che l’“Erasmus” è strumento di ricatto perché resta fuori dai giochi sino ad avvenuta accettazione del pacchetto così come esso è.

Circa l’immigrazione, rivendicato dal caponegoziatore in nome di Berna (si chiama Patric Franzen) il raggiungimento di tre obiettivi ovvero impedire l’immigrazione nel sistema di assistenza sociale (ma l’evidenza dell’oggi dice che questo era un “non-traguardo”, sussistendo e palesandosi ogni giorno nuovi abusi “normati” in tal senso), mantenere la possibilità di espulsiookne degli stranieri che commettono reati (lettura del reale: semplice difesa dello “status quo”) e tutela della protezione dei salari (idem). Preoccupanti, qui, alcuni spifferi che scorrono fra le righe del comunicato ufficiale di Berna: i delegati sarebbero riusciti “concretizzare la messa a punto di una clausola di salvaguardia per contrastare gli effetti imprevisti della libera circolazione delle persone” (eccessi “imprevisti”, quali? Salvaguardia, in quali termini? “Contrastare”: perché non “azzerare” o “escludere”?); ancora, risulterà possibile la garanzia delle condizioni salariali e lavorative del personale distaccato, mantenendosi l’odierno livello di protezione, e ciò “a lungo termine” (per l’appunto: “quale” lungo termine, che cosa si intende per “lungo termine”?).

Dinanzi a cotanta pronazione, un solo atto è possibile “pro nazione”: da oggi, armarsi per il “referendum”.