A Poznan in Polonia ci sono 28 musei, 40 gallerie d’arte, 10 teatri, il Municipio firmato dal luganese Giovanni Battista di Quadro ed anche un considerevole numero di farabutti che da lì si organizzavano e partivano per venire a depredare gli anziani ticinesi con il trucco delle telefonate-“choc”. Dal momento che chi commette una truffa è detestabile ma chi commette una truffa ai danni dei nostri vecchietti – al netto dei rigori del Codice penale – è degno soltanto d’esser preso a calci a due a due sino a che siano diventati dispari, con siderale e celestiale gioia annunziasi l’avvenuto smantellamento nel corso della terza decade di novembre, e giust’appunto in quel di Poznan, d’una banda di criminali a chiusura di un ciclo apertosi l’anno scorso nella stessa città, in dicembre addì mercoledì 20, quand’era finito in manette un quaquaraquà 37enne di passaporto polacco e che si spacciava per “boss” (nei termini dell’ufficialità, soggetto “considerato figura di spicco del sodalizio”); stavolta i ferri si sono stretti ai polsi di due uomini e tre donne, tutti con documenti polacchi, tutti fermati a casina loro. Età fra i 27 ed i 67 anni, etnia non precisata anche se risulta che tutti ma proprio tutti abbiano vissuto insieme dalle parti di Novara e si lascia il resto allo spirito di intuizione del lettore, precedenti carcerari non resi noti nello specifico, comune denominatore l’appartenenza ad un’organizzazione criminale espressa in forma clanica per via degli intrecci di parentela tra i membri del gruppo medesimo le cui attività, è il caso di dirlo, dopo l’arresto del 37enne si erano inceppate mica male, salvo riprendere vigore a partire dalla tarda primavera sicché tra autorità inquirenti ticinesi e colleghi di altri enti (Europol, Fedpol, Polizie nazionali) si era reso necessario un confronto a più livelli; in tal senso, vien fatto di credere, dalla significativa importanza è stato anche il convegno del settembre scorso – si diede notizia su queste pagine – in compresenza di magistrati e di agenti di Polgiudiziaria in provenienza da Svizzera, Germania, Italia, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia oltre che delle citate Europol e Fedpol. Riferiscono dalla Polcantonale che, in parallelo, i magistrati ticinesi – titolare dell’incarto è qui la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo – e quelli polacchi diedero il via alla procedura di prassi in àmbito di assistenza internazionale.
Confidandosi in altri sviluppi che le autorità di Poznan, da noi consultate, danno per sicuri essendo ancora in corso l’esame di una serie di denunzie, delle indagini si riferisce per sommi capi: raccolta di elementi, analisi della documentazione, primo successo nel segno dell’individuazione di uno dei “call center” dai quali “partivano le telefonate – testuale da fonte qualificatissima – verso Ticino e regioni limitrofe, Lombardia e Piemonte in particolare” ma anche verso la Germania e verso il Belgio, al ritmo di 300 o 400 il giorno, secondo schema collaudato e con voci perfettamente credibili anche nell’uso della lingua italiana. Tappa successiva, identificazione dei membri della banda. Terzo passaggio, gli arresti messi a segno nella periferia di Poznan. Circa la pericolosità dei membri della banda, formalmente non dovremmo sapere ma andiamo per deduzione: il gruppo è stato stanato dal covo su intervento condotto da unità speciali della Polizia polacca, e meglio da agenti del Dipartimento penale e da loro colleghi del Dipartimento investigativo pertinente alla Questura di Poznan, e questo dice parecchio; altro ci racconta direttamente il portavoce delle forze dell’ordine a Poznan, perché in quel giovedì 21 novembre i malviventi hanno tentato di sfuggire all’arresto barricandosi all’interno dell’edificio, cercando una via di fuga e contestualmente tentando di disfarsi degli apparecchi telefonici utilizzati per le truffe; una volta sfondata la porta, gli agenti si sono avventati sul gruppo neutralizzandolo e mettendolo cioè in condizioni di non nuocere; al fermo hanno fatto séguito la traduzione nell’ufficio del procuratore distrettuale e da qui, su richiesta del procuratore, la trasmissione dei primi atti al Tribunale da cui è poi giunto l’ordine di arresto provvisorio per tutti i sospettati, primari addebiti la frode e la partecipazione ad un gruppo criminale organizzato; chi fosse riconosciuto colpevole di entrambi i reati rischierebbe una condanna al carcere sino ad otto anni.
L’entità dei proventi da truffe messe a segno è ingente. Nelle mani degli inquirenti, per ora, vario materiale documentario e quanto recuperato durante la perquisizione successiva al “Blitz”: tessere Sim, telefoni cellulari, denaro contante non quantificato, gioielli. Purtroppo, poco rispetto al danno causato; ma da qualche parte bisogna pur incominciare, chissà che presto spunti il tesoretto della “gang”.