Altro che fare i simpaticoni – spesso irritanti, talvolta offensivi – con il “social media manager” su “Facebook”; altro che investire in pubblicità zuzzurullona con vignette viete e sceme in cui una zucchina dialoga con un’altra zucchina parlando della “figlia che si è trasferita a Zurigo” perché “ha sposato uno zucchino”; altro che issare la bandiera territoriale con lo “slogan” che recita “In Ticino, per il Ticino”. Prefigurata da spifferi ma in modalità ed in misura tali da spiazzare dipendenti e sindacati, questi ultimi precipitosamente corsi nel frattempo a chiedere che si provi almeno a discutere quand’invece la decisione è stata presa e, come voce dal sen fuggita, d’essa nessuno ha intenzione di far richiamo, giunse stamane una mazzata all’autoreferenziato profilo panelvetico – nella distinta cifra propria dell’autonomia cooperativistica, tra l’altro – del colosso “Migros”, la cui identità logistica in Ticino è destinata all’estirpazione da qui al 2030, e prima le cose saranno compiute meglio sarà per tutti quelli che stanno a nord del San Gottardo; in pratica, gli ordini saranno raccolti, coordinati e gestiti in quel di Dierikon, quattro anime in croce – per metafora, nessuno si senta offeso – piazzate a 22 chilometri in direzione est-nord-est da Lucerna il che vuol dire un bel pezzo oltre la capitale stessa. Ed il complesso di Sant’Antonino? Ci arriviamo tra un momento, perché prioritario è il definire la conseguenza primaria di questo atto d’imperio: 40 dipendenti, persona più persona meno ed a sensazione non entrerà in linea di conto il “meno”, dovranno cercarsi un altro lavoro, o un lavoro diverso. Taglio secco, oh, sì, con la disponibilità aziendale ad agevolare quella che per molti sarà una sorta di eutanasia professionale: largamente improbabile che qualcuno possa reinserirsi nei servizi logistici della “Migros” (a meno che si trasferisca, ma questo vale per ogni anima di cristiano nel contesto di un gruppo), ma ecco che “il personale (…) interessato dal cambiamento – testuale: “Interessato dal cambiamento”, sembra un frammento di quei film in cui il licenziamento viene spacciato al licenziando come occasione per cogliere un nuovo inizio, ndr – sarà accompagnato, nel corso dei prossimi cinque anni, ai fini del ricollocamento”.
La cattiva comunicazione, una volta di più, si ritorce contro chi la cattiva comunicazione ha accettato entusiasticamente come proprio scudo; l’annunciato periodo di “cinque anni” equivale al ridurre l’orizzonte temporale al 2029. Per inciso: i numeri degli esuberi giungono da fonte terza, non dall’interno del gruppo “Migros”, il cui portavoce su ciò glissa e non s’esprime. Per contro, in una nota-stampa diffusa è menzionato Mattia Keller, che da due anni e mezzo a questa parte si trova alla direzione della “Migros Ticino” avendo preso il posto dello storico Lorenzo Emma: “Questo progetto-faro nella logistica è la dimostrazione di come possiamo sfruttare le sinergie tra le cooperative regionali”, la dichiarazione. Vero: dipende sempre da chi, nel faro, si trova a fare il guardiano, o il portatore di viveri una volta ogni tanto, o il portinaio. Ad oggi, “Migros Lucerna” vince e “Migros Ticino” perde. Morgen, wieder.
Si diceva dell’oggi e del domani della piattaforma di Sant’Antonino. Beh: nella migliore tra le migliori delle ipotesi, il complesso diventerà una specie di “hub” periferico, zero potere decisionale, zero funzioni direttive, zero valore quale raccordo tra le filiali; un magazzino sul quale penderà tra l’altro la spada di Damocle data dalla provvisorietà che è propria del non essere più indispensabile. Difatti: da nord, notte dopo notte, arriveranno vagonate su vagonate di merce già suddivisa in funzione degli ordini pervenuti e – si presume, ma non trattasi di obbligo perentorio nella relazione con i punti-vendita – soddisfatti; a Sant’Antonino avverranno lo scarico diretto e la traslazione delle referenze per la consegna nelle singole unità distributive. Tutto qui, giusto perché da qualche parte le merci abbisognano di un punto di interscambio; ma nulla vieta di pensare che, magari tre o quattr’anni dopo la conclusione della procedura, anche dell’“hub” non vi sarà realmente più bisogno, nel segno di una maggiore e più funzionale distribuzione dei beni banali – non stiamo a spiegarlo qui, ma esistono precedenti del genere, e sperimentati, in altri Paesi – nei vari angoli del Cantone; a titolo di esempio, potrebbe non servire un “appoggio” su Sant’Antonino se i “pallet” devono fermarsi a Bellinzona per il conferimento in area distrettuale.
Ipotesi, solo ipotesi, sosterrà qualcuno. In effetti, sono pensieri scritti sulla sabbia in riva al mare, ma suffragati indirettamente da un elemento: eliminando la funzione decisionale a Sant’Antonino, chi è ai vertici del “sistema-Migros” non solo si libera del gravame d’una quarantina e forse più di salari sul breve, sul medio e sul lungo periodo, ma evita anche di dover procedere a significativi ovvero onerosi investimenti per la necessaria salvaguardia della struttura dall’obsolescenza; in questo senso ha anche ragione Guido Rast, figura equipollente a Mattia Keller ma nel contesto della “Migros Lucerna”, quando sostiene che “(…) tutto il gruppo beneficia della semplificazione del panorama logistico”. In seconda battuta, è effettivamente strategico l’utilizzo della ferrovia come traccia preferenziale per il trasporto delle merci via galleria di base del San Gottardo, il che dimostra una volta ancora quanto gli svizzeri abbiano autorizzato spese di miliardate di franchi a mansalva per costruire un servizio non finalizzato al trasporto dei passeggeri; nulla ha evidentemente insegnato l’esperienza del prolungato blocco del servizio per effetto di un incidente la cui reiterazione non è da escludersi, ed anzi, la cui reiterazione nessuno è disposto ad escludere.
Discorsi del domani, mentre nell’oggi si fa conto d’una scelta strategica antitetica ai principi del federalismo commerciale e su cui Gottlieb Duttweiler molto avrebbe da ridire. Sempre che nel mondo “Migros” si sappia ancora chi sia stato e che cosa abbia fatto Gottlieb Duttweiler, per carità. Nel frattempo, lasciamo che la figlia (la zucchina, già) se ne vada in Svizzera interna, per mai più ritornare.