Fa salti mortali, per un terzo del tempo in contesto pubblico e per due terzi lavorando dietro alle quinte, Norman Gobbi chiamato a restaurare una Lega dei Ticinesi alle prese con problemi tipici del prodotto al bivio tra declino e rivitalizzazione. Di sicuro non sono d’aiuto, a codest’epigono di Lucio Domizio Aureliano memorizzato anche come “Restitutor orbis” per l’esser stato in grado di ricomporre l’unità dell’Impero romano nel corso del terzo secolo dopo Cristo, né gli errori storici commessi in casa – da una parte, l’aver attribuito patenti di leghismo della prima ora a gente che via Monte Boglia semplicemente schivava; dall’altra, l’aver imbarcato gente che via Monte Boglia addirittura schifava – né i continui malpancismi da dibattito interno su temi che dibattito, ai tempi di Giuliano Bignasca “conducàtor”, nemmeno avrebbero richiesto, ché “le battaglie si fanno fuori da qui, a muso duro, ed il congresso della Lega è in calendario ogni settimana, sulle pagine del “Mattino della domenica”, e basta quello”. Già, ma dalla morte del Nano sono trascorsi giusto 11 anni, e dal trapasso di Silvio Flavio Maspoli si va verso i 17; né l’uno né l’altro furono visti all’opera da un terzo dei leghisti d’oggidì, per ragioni anagrafiche, e da un altro terzo per via di diverso schieramento, all’epoca.
Pessimismo e fastidio – L’ultimo spillo nel cuore sanguinante del novello Lucio Domizio Aureliano – di transenna, e prima che qualcuno vada a spulciare nelle pagine di storia: sì, fece una brutta fine, ma a quel tempo pochi se n’andavano al Creatore durante il sonno; ergo, pur in tempi di congiure da “buvette” del Gran Consiglio e di congiurati da grottino fuori mano, la cosa non fa testo -, l’ultimo spillo, si diceva, giunse giovedì da una “e-mail” con cui Boris Chicanos Bignasca annunciò le dimissioni da capogruppo leghista nel Legislativo cantonale. Dimissioni, si direbbe, irrevocabili, giacché dopo il lancio – la notizia uscì stamane – sulla “Domenica”, dall’“online” regionista si apprende che nella missiva emerge un sostanziale scoramento misto ad irritazione. Scoramento: “Non credo più di poter condurre questo gruppo con l’energia e con la serenità necessarie a questo importante compito”. Irritazione: “Profondamente deluso ed amareggiato dalla riunione di ieri, e in particolare dal fatto che sia stata riportata sui “media” da qualcuno di noi”. Il secondo punto ha importanza oggettivamente secondaria: non esistono consegne del silenzio pertinenti ad una riunione tra compagni di partito, eppoi Boris Bignasca, che si trovò fra le mani il “MattinOnline.ch” da altri ideato costruito lanciato e condotto a credibilità come testata giornalistica, non può fingere di non sapere come vadano le cose nell’ambiente, dove i cellulari iniziano a friggere (“Tutto vero ma guai se esce il mio nome”) un minuto dopo la fine di ogni riunione. Quanto allo scoramento, altro (e più serio) paio di maniche: Boris Bignasca ha trascorso gli ultimi tre dei suoi 37 anni nel ruolo di capogruppo (vero: l’ingresso fu un tantino burrascoso, ma perché rivangare?) ed è di sicuro qualcosa di diverso rispetto al granconsigliere 22enne che nel settembre 2009 propose di dichiarare guerra alla Libia, così come è qualcosa di diverso rispetto al propugnatore dell’effimero sindacato “TiSin”, meno di due anni addietro riconfiguratosi come “Sindacato libero della Svizzera italiana-Slsi”; nel momento in cui dice che se ne va, Boris Bignasca se ne va sul serio e sbattendo la porta. Domani, aprendosi una sessione granconsiliare in quel del “PalaOrsoline”, si vedrà di capire se già vi sono reazioni interne o se il passaggio dei poteri sarà indolore, di massima per cooptazione. Perché tale ipotesi? Perché qui, agli occhi dell’universo mondo, si presenta un doppio nodo gordiano, e per la spiegazione ci vuole un dignitoso “a capo”.
Alla fiera dell’Est – In casa Lega, difatti, il ruolo di “vice” del capogruppo spetta a Sabrina Aldi, forse la persona rimasta più vicina a Boris Bignasca nell’agone politico, tra l’altro avendo cofondato con lui il menzionato “TiSin” e da esso essendo uscita contestualmente a Boris Bignasca. Proprio Sabrina Aldi, tuttavia, è ora sotto la sferza delle critiche per via di una candidatura altrui ma da lei sostenuta; accade infatti che, dovendosi procedere alla reintegrazione del “corpus” dei procuratori pubblici in una magistratura ticinese che fa concorrenza a Kloten quanto ad arrivi e partenze (ultimi addii annunciati: Pamela Pedretti e Marisa Alfier), in seno alla Commissione granconsiliare giustizia sia stato proposto il nome di Alvaro Camponovo; il quale Alvaro Camponovo ha un pregio professionale riconosciuto (par fuor di dubbio l’essere costui in linea con le competenze richieste; difatti, è stato giudicato idoneo) ma, agli occhi di taluni, un paio di pecche. La prima: con i leghisti ha avuto poco a che fare, nel passato, trovandosi semmai inquadrato nei vertici dei “Verdi liberali” e addirittura quale membro del Comitato distrettuale del Luganese sino ad un paio d’anni addietro. La seconda: è figlio di Claudio Camponovo, medico di preclara fama ed operativo anche quale amministratore unico di una realtà con sede a Bioggio, al secolo la “Hospita Suisse anesthesia care Sa” organizzata per la prestazione di servizi ad ospiti della “Sant’Anna” di Sorengo e della “Ars medica” di Gravesano; tutto secondo logica, medico al servizio ed alla guida di medici. Tranne che per l’essere Sabrina Aldi in qualche modo collegabile a tale impresa: non per una collaborazione saltuaria ed occasionale, non per un intervento quale relatrice in un seminario, ed ovviamente non per rapporti di carattere privato, ma quale direttrice amministrativa. Non da molto, anzi: da pochi mesi prima che la candidatura di Alvaro Camponovo a procuratore pubblico fosse da lei stessa stata portata all’attenzione dei colleghi commissari. Il garantista dirà che trattasi di una dannata coincidenza all’interno di un Cantone nel quale ti stampano addosso la biografia con agnati e cognati compresi quando manco ti sei accinto a declinare le generalità; i malevoli mormorano (sommessamente: non sia mai che gli indagatori della controparte vadano a sfrucugliare in case altrui, parlandosi a nuora affinché suocera intenda); i neutrali suggeriscono passi indietro, passi di lato e soprattutto passiflora per calmare ansie e sensi di panico; gli interessati, beh, come di consueto gli interessati faranno ciò che è di loro interesse.
Fata mutare non possumus – E nella Lega dei Ticinesi, quale è l’aria su questo punto? Nel peggior momento possibile essendo prossima la tornata del voto per le Comunali, vento procelloso e che si dura fatica a tenere al largo: a Boris Bignasca, durante la riunione di poche ore precedente l’invio della citata “e-mail”, qualcuno ha in sostanza obiettato che con tale nome quale candidato si andrebbe allo scontro per questioni non di merito ma di opportunità, ché tra l’altro in ogni don Alvaro che si rispetti, da Àngel de Saavedra scrittore a Giuseppe Verdi compositore, la tragedia è ad ogni angolo presente e la forza del Destino resta incombente; e Boris Bignasca, apprendendo tra l’altro che notizie sulla maretta interna erano filtrate alla stampa nell’immediatezza dell’incontro, ha preso cappello, trasferendo “d’emblée” le carte a Sabrina Aldi; e chissà che qualcuno, anche per via di ferite ancora brucianti e che sono lungi dal rimarginarsi, altro non aspettasse.