Messaggio chiaro, quello della “Giornata cantonale” dedicata alla mobilità casa-scuola sul caval di san Francesco, cioè a piedi: si guadagna in salute, si evitano affollamenti attorno agli istituti, viene promosso uno stile sano di vita. Bene, anzi, molto bene: sono affermazioni in buona parte condivisibili, queste, pur dovendosi ricordare che ci sono tragitti e tragitti, una cosa è il paese ed un’altra è la città, una cosa è la scuola dell’infanzia “vis-à-vis” con l’ufficio o meglio ancora con il luogo di domicilio ed un’altra è data dalla distanza di 400 metri di cui 300 su strade a forte transito veicolare e con l’obbligo d’un paio di attraversamenti. In ogni caso, per senso generale si approva. Ma l’adesione a questo si limita, l’adesione a questo si ferma.
A scocciare, infatti, è la solfa propalata anche oggi in coda alle note-stampa ridondanti entusiasmo e sprizzanti felicità, cioè l’aggiunta di dati alla sanfasò e che, al di là della cifra di scrittura da maestrine private della penna rossa ma deprecabilmente autrici di testi da fregacci in matita blu tali sono le corbellerie, vengono da taluno ripresi e ripubblicati alla cieca. Esempio di testo odierno: “A livello ambientale, andando a scuola a piedi, si potrebbero evitare l’emissione di circa 18 tonnellate di biossido di carbonio ogni giorno”; trovansi qui una concordanza sparata a casaccio (“emissione” è ancora singolare ed il verbo andrà dunque alla terza persona singolare anziché plurale) ed una grave dimenticanza sulla pronominale “si” (che manca nell’inciso), e soprattutto non si ha idea di chi dovrebbe o potrebbe andare “a scuola a piedi”; o, per meglio dire, sono così intesi tutti ma proprio tutti coloro che hanno una relazione attiva con il mondo scolastico, e dunque tutti gli allievi dalle scuole dell’infanzia alle scuole elementari alle scuole medie alle scuole superiori alle università ed ai corsi successivi, ed inoltre tutti i docenti e praticamente tutti i non docenti che pure rendono funzionante la macchina della scuola, ed ancora gli amministrativi degli istituti. Tutti a piedi, si pretende, senza discriminazione e senza mezzo di trasporto alcuno, treno bus auto moto bici inevitabilmente compresi: non volendosi scomodare qualche decano, prendano nota coloro che, per andare ad insegnare, ad ogni buon conto sono costretti a sciropparsi una manciata di chilometri.
Quel che sorprende è pertanto il computo: alle condizioni date, ogni giorno l’immissione di biossido di carbonio nell’atmosfera si ridurrebbe di circa 18 tonnellate, dunque oltre 3’240 nell’anno scolastico, per effettivi “quasi 15’768’000 chilometri in meno”. L’anno scolastico consta di 182.5 giorni; ciò equivarrebbe a dire che ogni giorno sarebbero percorsi 86’400 chilometri per andare e tornare da scuola, per l’appunto con immissione di biossido di carbonio pari a 18’000 chilogrammi. Ma è strano: limitandosi il campo di indagine a grado primario, grado secondario primo, grado secondario secondo e grado terziario non universitario, abbiamo a considerare circa 62’500 soggetti fra allievi e docenti e per l’appunto stiamo lasciando da parte i non docenti; sappiamo poi che, a media, un’auto in buone condizioni di efficienza scarica biossido di carbonio nella misura di 100-110 grammi ogni chilometro, e facciamo 100 per sola comodità di calcolo; sapendosi quanto è raro che su un’auto viaggi – accompagnato – più di uno studente o di un docente, 62’500 soggetti che tra andata e ritorno percorrano in auto un chilometro ogni giorno causeranno l’immissione di biossido di carbonio per 6’250 chilogrammi ogni giorno; secondo l’evidenza fornita nella nota-stampa, 18’000 chilogrammi diviso 6’250 chilogrammi il chilometro fanno 2.88 chilometri pro quota cranica, sempre tra andata e ritorno. Riprendiamo tuttavia la statistica fornita: si parla di “quasi 15’768’000 chilometri in meno percorsi in auto” ogni anno, ed è stato chiaramente indicato il riferimento a 182.5 giorni per ogni anno scolastico, ed abbiamo per l’appunto ricavato – è aritmetica di base – una media di 86’400 chilometri il giorno; dividendosi per circa 62’500 soggetti tra allievi e docenti, e si ricorda che non sono stati considerati i non docenti pur utilizzando di sicuro anch’essi un’auto, abbiamo dunque 1.38 e briciole chilometri pro quota cranica. 2.88 contro 1.38: più del doppio. Vogliamo aggiungere al pacchetto i circa 4’200 iscritti all’Usi ed i 5’800 che seguono una formazione alla Supsi? Sono anch’essi istituti scolastici, del resto, ed anche per tali sedi è richiesta una mobilità degli allievi; dunque, 10’000 in più ed arriviamo a 72’500; 86’400 chilometri il giorno diviso 72’500 uguale 1.19. 2.88 contro 1.19, fattore 2.4 (abbondante) ad uno.
Come? Non convinti? Bisognerebbe togliere dal mazzo chi fa uso dei mezzi pubblici, e chi va a scuola in bici o con il monopattino elettrico, e chi abita direttamente nella scuola (ennò, i custodi non fanno testo; li abbiamo esclusi a monte…)? Beh, lo dite voi. Nel comunicato-stampa, destinato ad essere ripreso e ripubblicato magari “tout court” da quelli che vivacchiano a botte di copia-e-incolla, c’è scritto altro: “Andando a scuola a piedi”, universo completo, nessuna eccezione. O che forse le cifre siano state lì sparate un tanto il chilo, ed in forma eterodiretta, così come i pensierini moraleggianti a chiusa ed a chiosa?