Cinque soggetti, cinque procuratori pubblici la cui posizione, sulla scorta di analisi del lavoro svolto, è diventata precaria in vista del possibile – ma, a questo punto, non probabilissimo – rinnovo degli incarichi. Un messaggio, via Sms o via Whatsapp, che sarebbe forse dovuto rimanere riservato e la cui diffusione è andata invece a rivelare che la pentola dei malumori stava per scoperchiarsi. Le reazioni, il fuoco di fila, gli amici che si rivelano Vietcong, le inevitabili tensioni; e, nel mezzo, la massa di incarti che è da trattarsi, il pregresso che grava, i nuovi casi che diventano impellenti. Ed oggi, sui pennacchi di fumo – dove c’è fumo c’è incendio, si suole affermare – che si levano dal ministero pubblico in quel di Lugano, non inattesa per i tempi ma imprevista per proporzioni si è levata una sistola di quelle che possono bruciare tutto o spegnere il rogo, dipende dal contenuto dei serbatoi: a parlare, con una lunga e perentoria nota-stampa, è stato il procuratore generale Andrea Pagani. Il cui racconto, sosterrà qualcuno, è una delle tante e possibili “versioni di Barney”; ma è pur sempre quanto pensa e scrive il procuratore generale, non una figura che possa oggi dire “Mario” e dichiarare domani di aver voluto intendere “Dario” o di essere stato frainteso su “Bario”. Ergo, si trascrive con minimo apporto sintattico; al quadro generale, per sommi capi, si è del resto già fatto ampio cenno.
La ricostruzione – “Nel 2014 il Consiglio della magistratura ha statuito che il procuratore generale, coadiuvato dai suoi sostituti, alla luce delle competenze di sorveglianza demandategli dalla òegge, deve fattivamente vigilare sull’operato dei singoli procuratori, ferma restando la loro autonomia decisionale. Di conseguenza, dopo qualche mese dalla mia entrata in carica (ossia domenica 1.o luglio 2018, ndr), ho chiesto ai sostituti procuratori generali Andrea Maria Balerna e Nicola Respini di verificare l’operato dei procuratori delle rispettive sezioni (finanziario e Polizia). Le audizioni sono state effettuate da aprile ad ottobre 2019. Già allora su taluni magistrati sono state evidenziate e discusse problematiche meritevoli di attenzione”.
L’indagine – “Nel 2020, fra marzo e giugno, tenuto conto di due mesi di “lockdown”, a prescindere dall’avvicinarsi dello scadere delle cariche, ho pertanto personalmente esaminato i dati di tutti i magistrati, che ho poi ascoltato, con verbali discussi e controfirmati, trasmessi in luglio al Consiglio della magistratura. Temi delle audizioni sono stati i dati statistici rivisti (con indicatori di produttività e di impegno), il carico di lavoro (per poter spostare degli incarti da un procuratore più oberato ad un altro transitoriamente meno), la gestione dei propri collaboratori diretti (segretario giudiziario e segreteria amministrativa), la presenza di incarti sensibili (datati, complessi o mediatizzati) per la corretta futura monitorizzazione, e le lamentele di terzi al procuratore generale sull’operato dei procuratori pubblici. Ebbene, questa seconda serie di audizioni, particolarmente impegnativa e che nessuno aveva mai svolto in precedenza, ha fatto emergere altre problematiche o criticità di diversa natura, le quali, senza mie conclusioni, sono state sottoposte al Consiglio della magistratura, come esplicitamente richiesto. Di questo i procuratori erano a perfetta conoscenza”.
Il giudizio – “Osservo, infine, che non spetta a me giudicare i pareri emessi dall’autorità di vigilanza (Consiglio della magistratura), di cui peraltro non sono stato destinatario. Dalla mia ottica parziale, (parziale, ndr) poiché non ho partecipato alle audizioni dei procuratori dinnanzi al Consiglio della magistratura che ha per di più emesso i suoi preavvisi sulla scorta di elementi forniti da diversi anelli della catena penale (comprese beninteso le considerazioni del procuratore generale), posso tuttavia anche condividere i preavvisi stessi nella sostanza, ognuno nella sua specificità. Per contro, sono rimasto sorpreso dalla durezza formale degli stessi e dai termini utilizzati”.
Intenti e bisogni – “Per concludere, auspicando che il ministero pubblico possa tornare a lavorare al più presto con la necessaria serenità, sottolineo che, per migliorare la vigilanza sull’operato dei procuratori, occorra disporre di maggiori strumenti che oggi il procuratore generale non ha. Io ed i miei sostituti siamo disponibili a partecipare attivamente a questo processo di “riforma”, nella misura in cui le autorità competenti lo considereranno opportuno o necessario. Non senza dimenticare che, in parte, l’odierna situazione è dipesa dal considerevole carico di lavoro che non tutti sono sempre in grado di reggere garantendo l’imprescindibile qualità che le parti devono poter esigere nell’àmbito dei procedimenti penali”.