Si fatica parecchio nel tentativo di comprendere quale sia oggi, in contesto di rapporti con l’esterno, la linea di condotta dei vertici d’impresa alla “Lugano airport Sa-Lasa”. Non si capisce d’acchito, ad esempio, per quale motivo si renda necessario uno specifico messaggio di benvenuto – ed a firmarlo è Maurizio Merlo, direttore dell’azienda e uomo che viene dalla cabina di pilotaggio – alla “Dassault aviation”, semplicemente subentrata (per acquisizione: evidenza d’or è una settimana) alla “Ruag business aviation Ag” e quindi di diventata nuova proprietaria degli impianti e delle attività ex-“Ruag Ag” sullo scalo di Lugano-Agno. Semplice atto di cortesia? Per carità, un sorriso non si nega mai; ma, per sorridere a qualcuno, bisogna in primo luogo averlo davanti a sé, ed in seconda istanza serve che costui sia e si dichiari interlocutore. Si tratta semmai di saper leggere: quel che è scritto, e soprattutto quel che sta tra le righe. E si tratta anche, quando si legga, di trovarsi nella giusta disposizione d’animo.
All’impronta, cioè sulla base del testo, forte è la tentazione primanostrista, quella secondo cui un’impresa svizzera è sempre da preferirsi ad un gruppo straniero, sicché l’arrivo dei dassaultiani costituirebbe cessione di un pezzo di sovranità industriale, e tra l’altro in àmbito tecnologicamente avanzato, et cetera. Sensato è invece un punto interrogativo circa le ragioni – solo l’entità dell’offerta, o l’entità dell’offerta in combinazione con una preesistente o con un’emergente volontà di dismettere l’impegno su Lugano-Agno? – che avrebbero o hanno convinto la dirigenza del gruppo “Ruag” a cedere il pacchettone ticinese, o a liberarsi dello stesso. Sensato è anche un altro punto interrogativo, pertinente quest’ultimo alle intenzioni del nuovo proprietario che, secondo nota diffusa, continuerà “ad offrire una vasta gamma di servizi di manutenzione, riparazione, revisione ed ammodernamento di “jet” privati ed aziendali”; a chi ed in quale modo, qualora in contesto politico dovesse per caso prevalere la tesi dello smantellamento dell’aeroporto per manifesta insostenibilità dei costi e per decadenza del ruolo strategico che a suo tempo era stato attribuito all’aviazione civile? Ops, ecco il “busillis”. Né Maurizio Merlo, né alcun altro sulla tolda di comando della “Lugano airport Sa”, né le autorità cui competono le decisioni sul rilancio o sull’abbandono dello scalo, né alcun altro soggetto esterno ha idea di quali siano i reali progetti identificati e identificabili in casa “Dassault” circa la presenza all’aerodromo sottocenerino. Al di là di quel che Maurizio Merlo scrive, spendendo all’indicativo un verbo coniugabile in sola forma ottativa, non sussiste certezza alcuna a proposito della tutela dell’“intero organico impiegato fino ad ora”; non sussiste inoltre attestazione tangibile in materia di permanenza di tutti i servizi sullo scalo di Lugano-Agno (e, difatti, è genericamente indicata la garanzia della “qualità dei servizi”, qualità “da sempre riconosciuta”. Ma è intuitivo il fatto che uno “standard”, quale che sia la sua eccellenza, prescinde dall’oggetto cui esso dovrebbe riferirsi).
Qui sono, signori, Maurizio Merlo ed i suoi: qui, sulla spiaggia della speranza, aspettando Godot e confidando in eventi non governabili. Oggi Lugano-Agno proporrà quattro collegamenti andata-ritorno su Zurigo con la “Swiss” e due opzioni arrivo-partenza – nel segno della stagionalità – per Isola d’Elba e Lussino con la “Silver air”; questo, al meglio dell’offerta nella settimana. Il solito rischio: che allo scalo ci siano meno passeggeri che dipendenti a libro-paga. Possiamo dirlo: è giusto e doveroso che i vertici “Lasa” arrivino a gonfiare anche una notizia inesistente, e li si capisce; ciò non toglie che la notizia non esista. Gli è che lo sa anche Maurizio Merlo, eccome.