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La testimonianza / «Io, il “curdo”, portato da Silvio al cospetto dello zar»

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da Marco Pirola*, “NuovaBrianza.it”, per il “Giornale del Ticino”

Silvio Berlusconi è morto. Il presidente, il cavaliere, insomma uno di quelli che contano se ne è andato stamattina, ospite com’era in una stanza del “San Raffaele”. Per i detrattori, la notizia potrebbe finire qui. Per un mondo in cui non ci sono invece soltanto detrattori, egualmente la notizia potrebbe finire qui. Che cosa volete che si scriva, di nuovo e di originale, circa un uomo che è stato tutto in ogni definizione, compreso quello che molti pensano possa essere il contrario di tutto? Circa un uomo che ha generato un impero, che si è inventato un modo diverso di stare sulla scena, che ha tenuto banco per decenni fuori dalla politica e dentro la politica? E che ti ammaliava?

Oh, perché ti ammaliava, eccome, Silvio Berlusconi. Con la simpatia, con le battute, come è capitato a me in più di una circostanza: “Ma Lei, dico Lei, per caso è curdo?”, mi domandò la prima volta che da cronista ebbi modo di parlargli senza troppa gente attorno, ed era il 1996. Io, spiazzatissimo dall’approccio così diretto ed inusuale, risposi “No” con tratto timido (altro che domanda pronta, altro che replica a tono…). E l’interlocutore, mezzo sorriso a disegnarsi sugli angoli della bocca, la battuta in canna: “No? Beh, non si direbbe, dal maglione che sta indossando… Su, dai, non faccia il permaloso”, soggiunse accorgendosi del fatto che i miei occhi si erano puntati sulla sua tuta ginnica da albanese in fuga; poi rise, e mi piazzò una pacca sulle spalle. Da allora, quando ogni tanto ci incrociavamo, mi salutava come “il curdo”; il che bastava per mettermi di buon umore, tra l’altro.

Le battute di “Sua emittenza”, così come i suoi silenzi, lasciavano traccia sempre e dappertutto. Oh: magari facevano storcere il naso ai benpensanti di cui anche la Destra è ricca, ma all’uomo della strada regalavano un sorriso di compiacimento e che si caricava di ammirazione. Di questo sono convinto: al di là dei soldi, a Silvio Berlusconi molti invidiavano soprattutto la libertà, che non sempre arriva dal denaro. E già me lo immagino davanti a san Pietro mentre gli racconta la barzelletta sul Paradiso, con una coda di giudicandi che scoppiano a ridere dietro a lui. Rideva – dai; per riguardo, facciamo che sorrideva soltanto – anche nell’aprile 2010, a “Villa Gernetto” a Lesmo frazione Gerno, dove si tengono i corsi di alta formazione politica dell’“Universitas libertatis”. Non un posto qualunque, non un personaggio dozzinale: “Pirola, vede quei generali russi che a piantarli uno vicino all’altro sembrano matrioske? Se viene con me, Le presento il loro capo”. Vado, andiamo, entriamo nella stanza insieme con le matrioske; ed in piedi c’era lui, Vladimir Putin. Una stretta di mano, e quegli occhi glaciali da far paura; pochi secondi, ma più che sufficienti.

A tutt’oggi non ho la più pallida idea di che cosa Silvio Berlusconi avesse raccontato a Vladimir Putin per farmi accedere alla sua presenza, seppur per pochi secondi; di certo non potevo né volevo essere il nipote di Hosni Mubarak, per stare ad un personaggio a volte citato in altro contesto. Non ho la più pallida idea, soprattutto, del motivo per il quale Silvio Berlusconi mi abbia portato al cospetto dello zar. Forse mi aveva confuso; nel caso, di sicuro con un curdo.


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*fondatore di “NuovaBrianza.it” (testata quotidiana gemellata con il “Giornale del Ticino”), è un collega con il quale sono stati condivisi progetti e tempi di lavoro in vari luoghi d’Europa. Già in redazione al “Giornale” sotto Indro Montanelli, poi in quotidiani a Monza ed a Bergamo e poi direttore del settimanale “L’esagono”, Marco Pirola ha più volte incontrato Silvio Berlusconi seguendolo in varie occasioni ufficiali e non ufficiali, in particolare tra la metà degli Anni ’90 e la metà del decennio scorso; da qui un ritratto non impersonale, ma d’impronta.