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Follow the goat / Aperitivo elettorale. Sì, ma a scopo benefico

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Elezioni, dunque. Si va: si va con un “sentiment”, per dirla con quelli che sanno di tendenze in Borsa; si va con qualche fiducia verso qualcuno; ma si va anche con un’incertezza di fondo, non sapendosi bene se questo voto – l’elemento è psicologico – costituisce realmente un impegno chiesto al soggetto votabile o uno sforzo chiesto a sé stessi. Se valgono le parole spese su soccorsi interpartitici a tutela ed a presidio di quel seggio in Consiglio di Stato o di quella rappresentanza in Gran Consiglio, vien quasi da pensare che in vari casi il “candidatorium munus” ricorrente anche in Marco Tullio Cicerone, e che sta a significare il complesso degli obblighi dati al candidato dal fatto di essere candidato, venga soverchiato da una sorta di onere in riversamento sull’elettore. Il quale, in effetti, è decisore ultimo; eventi maturati anche alle nostre latitudini, e non ai tempi del Luigi Rossi che assassinato fu, se si pensa al valore che un preferenziale ebbe nella vita di un odierno consigliere nazionale e di una mancata consigliera nazionale sua collega di partito. In quanto decisore, che egli dunque decida.

Sta di fatto che, approssimandosi una cesura apotropaica per molti tra coloro che già mal sopportano la pubblicità in televisione, e che negli ultimi due mesi sono stati inondati da un profluvio di autopromozioni tanto da giungere ad invidiare gli “expat” ticinesi ai quattro angoli del mondo, la frequenza dei messaggi incomincia a diminuire (stamane, sole tre sollecitazioni residue infilatesi nottetempo nella casella di posta elettronica; crollo verticale) e cala anche il numero delle occasioni di incontro e di confronto pubblico, tanto che vien lasciato spazio – udite, udite – a qualche serata priva di tavola-rotonda-segue-dibattito, a qualche mattinata senza conferenza-ma-no-ho-invitato-solo-i-amici, a qualche pranzo senza riunione-nulla-di-impegnativo-facciamo-solo-il-punto-della-situazione. Per l’infelicità dei ristoratori, ormai azzerati persino gli aperitivi elettorali in cui Prosecco Chardonnay Merlot ed anche vini dalla dubbia provenienza l’hanno fatta da padroni, e del resto nemmeno alle nozze di Cana era stato servito il meglio, almeno sino al momento in cui, su esplicita e reiterata sollecitazione della madre, fu fatto intervenire un giovane dalla chioma fluente. Ed ecco il momento, si disse il candidato numero 60 sulla lista numero 16 al Gran Consiglio, per aderire alla tradizione: insomma, un aperitivo elettorale anche per il Bubi. Ma un po’ diverso: agli aperitivi ed ai pranzi il candidato offre con larghezza, qui invece – e si parla di cosuccia organizzata qualche giorno fa alla “Rotonda” di Gordola – a pagare sono stati i convenuti.

Sì, gli ospiti. 10 franchi pro quota cranica o quel che uno si sentisse o volesse mettere sul piatto, alles inbegriffen. Non per esaurito “budget” (che in pratica non c’è mai stato), ma per scelta: chi volesse venire, e per nessuno eravi obbligo, avrebbe contribuito ad una buona causa. In pratica, così andò: poche parole, un giusto ringraziamento agli amici che hanno collaborato con il passaparola e con un consenso personale promesso, calici e spuntino, e raccolta di fondi. Abbiamo ricavato una cifretta, tutti hanno versato (compreso il titolare del locale: grazie), ed al primo giorno utile ha avuto luogo il versamento all’ufficio postale, destinataria la “Società svizzera sclerosi multipla” in Lugano. Tutti d’accordo, gli amici nell’occasione chiamati al ruolo di oblatori. Non foss’altro, questa campagna elettorale avrà prodotto una goccia di energia in più per il bene comune.

Alessandro “Bubi” Berta, candidato numero 60 al Gran Consiglio

lista numero 16 Udc