(ULTIMO AGGIORNAMENTO E RIEPILOGO, ORE 19.46) Cinque i morti, 265 i contagiati (vari quelli che risultano guariti, ma un computo reale non c’è), e tra questi 265 poco meno di un quarto (64 persone) si trova ricoverato, e fra i ricoverati un quinto (13 soggetti) versa in terapia intensiva. Il peggio nell’epidemia da “Coronavirus”, tuttavia, deve ancora venire. E quindi, altro giro di vite, con autentica limitazione alla libertà personale, con vero e proprio intervento sulla quotidianità dei cittadini. Può piacere, e di ciò si dubita, o non piacere, ma l’unico modo per venir fuori da questa situazione sta nel riadattare, nel modificare, nel restringere i comportamenti personali. Ce lo stanno dicendo in tanti, ce l’hanno ribadito ancora questo pomeriggio i consiglieri di Stato, prefigurando dalla mezzanotte di oggi uno scenario ticinese non dissimile dal “modello italiano”, e cioè un paio di passi avanti rispetto alla linea adottata da Berna. Insomma, stare per stare e resistere per resistere: a costo di lacrime e sangue e sacrifici che si protrarranno, ed anche questo è concetto con il quale si dovrà prendere confidenza, anche dopo che il Covid-19 sarà stato debellato (cosa certa: la resa non è un’opzione, il “default” non entra in linea di conto. Ma non è detto che bastino due settimane per vedere un primo segno di rallentamento della crisi sulla base dell’autoprofilassi che viene chiesta alla popolazione, e meglio a ciascun membro della popolazione).
Poco o nulla viene risparmiato dalla nuova serie di provvedimenti, dagli esercizi pubblici al sistema dei trasporti, dall’economia privata (per la quale vengono messi in campo primi interventi) al culto (dalla mezzanotte in poi niente celebrazioni liturgiche, comprese quelle domenicali; come anticipato da monsignor Valerio Lazzeri, vescovo di Lugano, il precetto festivo è dato per assolto). Già in opera da ieri, con effetto a partire da lunedì, il blocco delle lezioni nelle scuole del ciclo dell’obbligo. In più, prospettiva di rinvio delle elezioni comunali: un tema ufficialmente giunto sul piatto stamane, nel corso delle tre tornate di incontri fra autorità politica cantonale ed amministratori delle realtà locali, ma che era ventilato da più di due settimane a questa parte, e mancava soltanto chi si prendesse la responsabilità di introdurre l’argomento; a tutti gli effetti non trattasi di esigenza, a tutti gli effetti l’unico problema reale è dato dall’avvenuta stampa e dall’avvenuta spedizione del materiale di voto, a tutti gli effetti un posticipo ovvero un rinvio nell’ordine dei sei-sette mesi, e dunque all’autunno, non costituirebbe motivo di dramma (ma sul punto una decisione verrà presa soltanto lunedì).