Ce l’avevano descritto come una macchina da guerra, all’inizio del campionato esso si era anzi proposto come una gioiosa macchina da guerra, ed ora è invece un catafalco sul quale si ammosciano in deposito le speranze destate a suo tempo (roba d’or è un mese e mezzo), dandosi di certo ad attenuanti gli infortuni le assenze le indisponibilità e persino quel mercato che Antonio Renzetti capintesta ebbe a considerare “insoddisfacente”. Alle quattro sconfitte consecutive nella massima serie elvetica, ciclo negativo che ha portato la squadra dalla piazza d’onore (e dopo la prima giornata, in verità, essa era al comando per effetto del 4-0 ottenuto a Zurigo), ed all’eliminazione secca dalla Coppa Svizzera, il Lugano aggiunge stasera un altro “kappaò” in contesto continentale, 0-1 nell’esordio in fase a gironi (gruppo “B”) sul campo del Copenhagen che al momento non metteremmo propriamente alla pari con una Dinamo Kiev, nel contempo impostasi con egual risultato sul Malmö.
Per la felicità di buoni 18’000 spettatori, e dal momento che le partite si vincono e si perdono sui particolari, a far testo sono le scarne statistiche: tiri in porta, due per i padroni di casa, uno per gli ospiti; tiri deviati o intercettati ma non dai portieri, tre per parte; calci d’angolo, tre contro due; calci di punizione, 21 contro 16 ma solo tre contro due in zona utile per sparare sul bersaglio; parate, una contro una. Morale? Incontro che sarà anche piaciuto a quelli che si sdilinquiscono per lo spirito manovriero e per la gestione della palla su improvvise verticalizzazioni e su azzardi di spunto offensivo da palla inattiva, ma di sostanza, suvvia, poco o nulla, e quanto alla precisione si dovrebbe credere che in Danimarca facciano porte larghe cinque metri anziché quel che sta secondo regolamento, tant’erano mal collimati i mirini. Goal-partita al 50.o da Michael Santos, 26enne arrivato ad agosto dalla Spagna dove aveva sfavillato in maglia Gijon, sì, ma nella Liga2 e che solo domenica scorsa era riuscito a rimanere in campo per 90 minuti di campionato (Superliga, Copenhagen reduce da due sconfitte consecutive), e si prenda nota della casualità cioè del fatto che l’attaccante non sarebbe arrivato nemmeno ai 16 metri senza un grazioso regalo della retroguardia bianconera. Inutile la girandola di cambi; spiacevole l’infortunio toccato a Mattia Bottani, minuto 49 vale a dire un attimo prima del tracollo.
Insomma, amen; e, se nelle previsioni era considerata dura, da adesso in poi sarà durissima.