Questa, come esordirebbe Maria De Filippi, è la storia di un proscioglimento definitivo, nel senso che non è più stato interposto ricorso; ed i prosciolti sono due effettivi della Polcantonale, un commissario ed un commissario capo, come indica la sentenza emessa dalla giudice Giovanna Roggero-Will. Vi stupirete del motivo: gli agenti vennero infatti denunciati perché, ad avviso della persona a suo tempo sottoposta ad interrogatorio, essi avevano usato maniere brusche, chiudendolo in una cella per 104 minuti dopo avergli intimato di spogliarsi, e di fatto inducendo una confessione legata a questioni sessuali ovvero la masturbazione dopo registrazione di filmati su varie spiagge del Ticino, bersaglio dell’attenzione vari minorenni cioè quella categoria di soggetti con cui l’uomo aveva a che fare per motivi di lavoro. Vi stupirete ancor di più per via dei tempi: la denuncia risale al 2015, il primo verdetto (in Pretura penale) di scagionamento totale dei poliziotti è del gennaio 2019, in questi giorni l’atto definitivo a conferma dell’assenza di credibilità degli addebiti mossi. Scusate, ci si stava dimenticando dell’evidenza più importante: il fermo e l’interrogatorio di colui che si sarebbe costituito accusatore privato è addirittura del 2008, e dunque l’esposto a carico dei poliziotti giunse a distanza di sette anni.
Raccontato “in illis temporibus” del fatto che le accuse contro l’uomo furono fatte cadere, giustamente si dà notizia del proscioglimento definitivo, oggi, sulla scorta di una nota diramata dal comando della Polcantonale: in sede giudiziaria, vien detto, è stato rilevato che nel comportamento degli agenti non sono né configurabili né ravvisabili i reati di abuso di autorità e di sequestro di persona e rapimento. Testualmente: “(…) La libertà personale (del soggetto, ndr) è stata limitata in modo adeguato e proporzionale alle necessità dell’interrogatorio per cui era stata disposta la traduzione forzata”, e parimenti proporzionate, oltre che adeguate allo scopo, erano “anche le modalità messe in atto per tale restrizione”. Da qui la conclusione: “Una volta ancora si conferma a totale infondatezza dei rimproveri sull’operato dei due agenti, funzionari di polizia che per anni hanno svolto con senso del dovere, dedizione e impegno la loro professione, contribuendo in modo determinante al difficile compito di garantire il rispetto della legge e la tutela della sicurezza collettiva”. A 12 anni dai fatti, ed a cinque dall’azione dell’accusatore privato: qualche domanda, suvvia, è il caso di porsi.