Home POLITICA Compagni che s’irritano: Adriano Venuti sbatte la porta al Comitato socialista

Compagni che s’irritano: Adriano Venuti sbatte la porta al Comitato socialista

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Quando si vince, e nella Sinistra ticinese il concetto è “rara avis” almeno dai tempi della contemporanea presenza di Pietro Martinelli e di Rossano Bervini in Consiglio di Stato, tutti compagni sicché talvolta si è disposti anche a passar sopra le diversità d’orientamento e di reale credo politico (oh, val sempre l’eccezione tra Partito comunista e Mps; ma lì è questione di ideologia e di diffidenza a pelle). Quando si perde, come il Ps ha perso maluccio alle Comunali dell’altra domenica (ma no: a detta di Laura Riget copresidente del partito, s’avrebbe semmai da parlare di consuntivo “in chiaroscuro”. Cipperimerli), tra i compagni spuntano i nervetti, che non sono l’effetto di una giornataccia in cui sei stato beccato o beccata per due volte dal “radar” ed hai litigato con la fidanzata o con il fidanzato ed in bucalettere ti sei trovato un’intimazione dell’avvocato dell’ex-moglie o dell’ex-marito o di entrambi; e via dicendosi. Morale: stasera, nel mezzo d’un Comitato cantonale convocato perché in un modo o nell’altro bisognava evadere ‘sta pratica del rivedersi in faccia per fare il punto sulla situazione, i membri del tandem di reggenza del Partito socialista cioè Laura Riget e Fabrizio Sirica si sono trovati a dover prendere atto delle dimissioni “a schiaffo” da parte di Adriano Venuti vicepresidente; “a schiaffo”, inattese dai vertici, sorprendenti per gran parte della platea convenuta alle scuole “Semine” in Bellinzona quartiere Giubiasco; fuor di metafora, una porta sbattuta con fragore valangario, su lamentazioni a doppio e meglio a triplo binario.

Circa i motivi addotti, lasciamo da parte l’“excursus” in salsa filopalestinese e cioè la pretesa di un pronunciamento politico di fiera condanna et cetera et cetera (per carità, si può anche capire ma qui non era oggetto del discorso); piuttosto notisi che il furore bellico esplode con tempistica cristallina, rivendicando Adriano Venuti l’aver steso strati di pazienza su strati di pazienza ma essendo da tempo colma la misura. A quale proposito? A proposito dei rapporti interni, a proposito delle tensioni affioranti ed a volte troncate ed a volte sopite, a propsito del fatto che alcune voci sono rimaste inascoltate (aggiungiamo senza malizia: magari sono rimaste insoddisfatte anche alcune ambizioni); non estranea all’irritazione la mancata guerra frontale sull’impatto e sugli effetti del cosiddetto “decreto Morisoli”, dal nome di Sergio Morisoli alfiere del freno alla spesa pubblica e dell’obbligo di pareggio del bilancio cantonale entro la fine del 2025, materia peraltro approvata in votazione popolare ma per la cui abrogazione sono già state raccolte le firme. Gli addetti ai lavori e gli informati perdonino se si torna sempre a narrar delle medesime vicende, come del resto fa Sergio Morisoli alla media di due “post” ogni tre pubblicati su “Facebook”; su questo punto, ecco, pare che sotto l’albero che fu di Guglielmo Canevascini le sensibilità siano un tantino difformi, almeno tra chi invoca la “Realpolitik” e chi vorrebbe il Ticino – o quella parte di Ticino che crede di potersi portar dietro – all’opera per erigere barricate, davanti a Palazzo delle Orsoline previo corteo dal piazzale della stazione Fs in Bellinzona, ad ogni cader di venerdì.

Laura Riget, bisogna dirlo, l’ha presa con il tono di chi si cade dal pero e si stupisce (interpretazione magistrale, sosterrebbe il malizioso) e formalmente si dispiace, dal che anche il “grazie” ad Adriano Venuti con riferimento verbalmente esplicito a “quanto hai fatto per il partito”. Il che potrebbe anche voler significare: “Danni a parte, poco”. O, in alternativa: “Non sappiamo proprio come faremo senza di te, ma ci proveremo”. Al che il dimissionario potrebbe rispondere, cifre alla mano: “Non è che voi abbiate prodotto granché, a parte l’affossare il partito”. Malino, ecco; soprattutto per quanti, da “peones” idealisti e lì nella sala ce n’erano non pochi, alle scaramucce tra papaveri non mostrano interesse e per stavolta hanno messo ancora una croce sul simbolo socialista, ma in prossima occasione metteranno un crocione sul partito.