Non era semplicemente un passatore: era un terminale del viaggio in Italia, a Porto Ceresio (Varese), sul confine, ed era il referente per la tappa successiva, quella di cui egli s’occupava in prima persona prelevando il gruppetto di clandestini ed infiltrandoli su suolo elvetico con trasporti “mirati” cioè caricando i soggetti su un’auto e passando da valichi impresenziati. E, difatti, a distanza di meno di sette mesi dall’arresto, è stato condannato in tribunale a Varese il 42enne algerino – sedicente samaritano, sedicente anima pia: a suo dire avrebbe agito per solidarietà verso persone “in fuga dalla guerra” – che si era inventato una professione garantendosi una posizione privilegiata nella catena di “trasmissione” delle persone che a Milano trovavano un interlocutore capace di indirizzarle sul percorso alternativo al transito solo ferroviario via Como su Chiasso; qui l’operazione era gestita sull’asse Milano-Varese ed oltre, sulla soluzione via Porto Ceresio indi trasporto su gomma oltre la linea di confine anziché quella – comoda, ma meno “sicura” – via Stabio e Mendrisio; nel caso, inoltre, proprio a Porto Ceresio era messo a disposizione un appartamento in cui alloggiare i viaggiatori in attesa dell’occasione. Sul trafficante di esseri umani è calata una sentenza conforme all’entità del reato accertato ossia il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (11 adulti e nove minorenni solo tra l’ottobre 2021 ed il maggio 2022): carcere per quattro anni, multa da 240’000 euro.