Assenti sia gli elementi oggettivi sia quelli soggettivi dell’ipotizzato abuso di potere nella vicenda che era denunciata dal granconsigliere Matteo Pronzini: il consigliere di Stato chiese ed ottenne denaro (suo) per finanziare l’acquisto dell’abitazione primaria. Circa la procedura, valse poi il parere di un ex-dirigente dell’istituto di riferimento. Ergo…
Tutto regolare, da parte del singolo, nel prelievo anticipato degli averi previdenziali; e nulla di contestabile, al gremio di cui il singolo fa parte e che secondo logica si presume abbia deciso collegialmente, circa la procedura seguita, benché carente di una base legale propria. Decreto di non luogo a procedere sull’ipotesi di reato data dall’abuso di autorità, ex-articolo 312 del Codice penale svizzero, è dunque quello intimato ieri – di stamane l’informativa di fonte ministero pubblico – dal procuratore generale Andrea Pagani nella questione pertinente a Claudio Zali (nella foto), consigliere di Stato e titolare del Dipartimento cantonale territorio, circa il ritiro di denaro per il finanziamento dell’acquisto dell’abitazione primaria, e ciò ancora nel marzo 2016. Un caso (non più tale, si direbbe ora a meno di sorprese) che era stato sollevato da Matteo Pronzini, granconsigliere in quota Mps; ma ad avvenuta indagine, ossia una volta conclusi gli accertamenti penali, pare si possa parlare di un colpo sparato a salve. E vediamo nello specifico, a capo. Seguendo l’analisi formulata dal procuratore generale, il consigliere di Stato “ha facoltà di chiedere e di ottenere” che abbia luogo un prelievo anticipato degli averi, laddove finalità sia la prima casa e se sono “date le specifiche condizioni legali e quando un avere previdenziale è stato accumulato negli anni”: ad affermarlo è la legislazione federale, “prevalente su quella cantonale”. E ciò vale sempre, vuoi che a fornire le prestazioni sia un istituto di previdenza, vuoi che erogatore sia il datore di lavoro (nel caso di Claudio Zali e di ogni membro del Governo, trattasi ovviamente dello Stato del Canton Ticino). Ergo, nessun abuso di potere: né da parte dell’interessato, né da parte degli altri componenti l’Esecutivo, né da parte dei funzionari dell’Ipct che è poi l’istituto di previdenza del Canton Ticino: “Nessuno può aver agito con lo scopo di arrecare un danno allo Stato – aggiunge il procuratore generale Andrea Pagani -; lecito il prelievo a favore di Claudio Zali, che per oltre 25 anni è stato assoggettato all’assetto previdenziale cantonale”. E, per di più: a cagione di tale prelievo anticipato si è ridotto il periodo di assicurazione che lo stesso Claudio Zali aveva acquisito sui conti dell’istituto di previdenza al momento dell’elezione in Consiglio di Stato. Quanto alla procedura, beh, qui salta fuori uno iato che tuttavia l’autorità penale risolve conformandosi a principi di equità. Accade infatti che la procedura adottata a Palazzo delle Orsoline sponda Esecutivo per “sganciare” il denaro (cioè il cosiddetto “avere previdenziale”) non era “supportata da base legale”. Illecita, illegittima, allora? State a sentire: no, perché “le leggi federali sono entrate in vigore dopo quella cantonale, che non è mai stata armonizzata” cioè allineata alla disposizione di istanza superiore. Le cose andarono tuttavia in modo che viene descritto minuziosamente: “Al momento di liberare il lecito prelievo anticipato”, e si sottolinea che i fatti ebbero luogo in termini contestuali, dall’autorità politica cantonale vennero sollecitati ad esprimersi i vertici del menzionato Ipct; ma l’Ipct – così nella ricostruzione formulata – “non aveva più alcuna competenza sulla posizione previdenziale sotto esame”. Quindi, abuso oggettivo no ma abuso soggettivo sì? No: risulta che nella stanza dei bottoni fu convenuto di chiedere un parere a figura professionale assai qualificata, trattandosi di “un ex-dirigente di detto istituto e, pertanto, di uno specialista del settore”. Il passaggio ultimo: escluso “il concretizzarsi, a carico dei membri del Governo, anche dell’elemento soggettivo costitutivo del reato ipotizzato”.