Bello, indiscutibilmente bello e “vissuto” il fine-settimana della “StraLugano 2023”; che è di certo appuntamento popolare per una parte, ma anche e soprattutto evento sportivo inteso nel senso della competizione. E normale, ma di quella “normalità” che è eccellenza senza bisogno di esaltazioni, si è confermata l’organizzazione. Non si capisce allora come alla stampa, quale messaggio conclusivo, sia stato inviato un comunicatino – purtroppo ripubblicato in modo acritico da qualche testata – che è parso steso lì alla bell’e meglio e forse nemmeno così. Pronti via, intestazione della nota di accompagnamento: “Comunicato finale StraLugano 2022” anziché 2023; e passi, sarà una svista. Ma poi: sommario che inghiotte e che digerisce e fa sparire il pronome relativo (“Una grande festa per StraLugano è tornata ad avvicinarsi ai 5’000 partecipanti”); primo capoverso da matita rossa e blu; immediato eccesso di autoreferenzialità (“… la manifestazione sportiva più importante ed amata del Ticino”. Si mettano almeno d’accordo con chi sta ai vertici del “Galà dei castelli” a Bellinzona, nella cui definizione pubblica sta scritto esser questo “l’evento sportivo ticinese dell’anno”); il sindaco di Lugano è sì Michele ma rimodulato da Foletti (che ci richiama alla memoria, oltre al Pablo cronista motorista, anche un bel personaggio di Piero Chiara) in Folletti (come è di sicuro l’ex-vicedirettrice Rsi, ora in quota Amministrazione cantonale con funzioni legate alla trasformazione digitale).
Non solo. Fronte agonistico: meritato lo spazio per l’assegnazione del “Trofeo Marco Borradori” ai due migliori ticinesi – uno per sesso – nella prova sui 10 chilometri: segno di sciatteria è l’inserire prima il cognome e poi il nome, e vabbè; càpita poi di leggere che una “Jeannette” è ridotta al rango di “Jeanette”, e transeat anche qui; strano però che risulti premiata Jeannette Bragagnolo, agonista a parer nostro sempre sensazionale e sempre da prima pagina, anziché Stefania Barloggio effettivamente in tale ruolo… anche perché, a men che abbia mutato identità nelle ultime settimane, Jeannette Bragagnolo in gara non c’era. E andiamo avanti: il marocchino ticinesizzato Elhousine Elazzaoui si ritrova anagraficamente gratificato di una “zeta” in più nel cognome, e difatti risulta “Elazzaouzi”, come se non ne avesse abbastanza di suo; l’olandese Nienke Brinkman, proposta anche qui in formula inversa, subisce una mutazione generica in Brinlman, ma è un nulla rispetto al plurimo massacro della lingua italiana nell’espressione “La classifica femminile ha visto ha sorpresa un’olandese vincere”, et cetera. Ah, sorpresa, pardon, ha, sorpresa. “A”, preposizione, e non “ha”, verbo avere alla terza persona singolare del presente indicativo, forse e senza forse. Sorvoliamo sul fatto che “grande successo di partecipanti e pubblico” sia stato “meritato” da altra corsa: calco infelice, infausto e persino ridicolo dal francese, tutto lì.
La perla, ad ogni buon conto, spetta ad una manifestazione di contorno ovvero al lancio di paracadutisti acrobatici sul lago “del” Ceresio (ergo il Ceresio del Ceresio, dobbiamo pensare), spettacolo splendido ma che, a rigore di testo, si è trasformato in tragedia; sta scritto infatti che “gli atleti sono atterrati sul lago, di fronte al Parco Ciani, con una velocità di discesa che ha raggiunto i 120 chilometri orari”; per ragioni di fisica elementare e legate al moto rettilineo uniformemente accelerato, uno schianto.