Per arrivare al suo nome (noto qui a bottega) non è che ci volesse propriamente un’inchiesta di polizia: un po’ per ricorrenze di – come dire? – stile e di linguaggio, facendo fede espressioni a lungo utilizzate sulle piattaforme “social” dove il soggetto è piuttosto conosciuto; un po’ perché di solito chi imbratta i muri usa parole di fuoco verso Tizio e verso Caio, ed invece qui i messaggi erano affettuosi, da ammiratore, quasi da innamorato. Ad ogni modo, siamo alla svolta: ha confessato pubblicamente, via “Facebook”, l’autore delle scritte “spray” in rosso e blu che erano comparse l’altr’ieri sotto i portici di Palazzo Marcacci a Locarno, destinatario delle attenzioni Norman Gobbi direttore del Dipartimento cantonale istituzioni. L’ammissione di colpa, per quel che è dato sapere, è venuta nel corso del colloquio con una psicologa della Polcantonale; il soggetto, nel frattempo, ha preso contatto con gli uffici di varie autorità, compresi quello del consigliere di Stato e quello del sindaco Alain Scherrer, per manifestare dispiacere e chiedere scusa. Scuse a quanto pare accettate, essendo palese l’assenza di qualsivoglia intento di offendere e risultando, quale unico danno, la presenza delle scritte stesse (tra l’altro fatte rimuovere con sollecitudine pari solo alla tempestività); e si sappia anche che, forse e senza forse, il responsabile dell’atto abbisogna più di comprensione e di attenzione che di punizione. Fatte salve le eventuali pretese risarcitorie per il danno materiale, storia chiusa, via.