Sotto egida ed impronta di nota compagnia assicurativa, nell’ultimo mese e sino ad oggi almeno, massiccia campagna informativa con cartelloni formato mondiale per la promozione di una “app” grazie alla quale viene “insegnato” il comportamento da tenersi sul percorso casa-scuola-casa degli scolari e, per meglio dire, tale percorso viene tenuto sott’occhio. A chiare lettere è sottolineato, tra l’altro, quanto sia importante la reiterazione dell’utilizzo di tale strumento: pare che ci vogliano almeno “sette volte” (sic) per memorizzare i passaggi di ciascun esercizio.
Vediamo se abbiamo capito, e si teme purtroppo di aver compreso: in tempi nei quali si discute circa l’utilizzo del cellulare da parte degli adolescenti e dei più giovani “in genere”, di fatto è stata propalata la pretesa che anche un bimbo di quattro anni – l’età è dichiarata – si getti a corpo morto su uno schermino al fine di fare “allenamento all’educazione stradale” e sia dunque dotato di “Smartphone”, o di accesso al medesimo nella più sindacale fra le ipotesi. Sapendo forse – perché stupidi non sono – di potersi trovare a fronteggiare critiche e contestazioni, gli ideatori del giochino buttano là (ma solo alla riga numero 33 di una descrizione a quel punto già “convincente” per la tesi opposta) una frasetta sul genere del “Questa applicazione non sostituisce l’esercizio pratico con i genitori per strada”, ed anzi arzigogolano sulla tesi secondo cui la “app” sarebbe d’ausilio ai “piccoli utenti” (carucci e tenerelli, i “piccoli utenti”. “Piccoli utenti” di che?) affinché essi apprendano “più rapidamente il comportamento da adottarsi per strada se i loro genitori creano un nesso fra le situazioni presentate nel gioco e le situazioni reali di traffico”.
Al di là dell’apprendere più o meno rapidamente, giacché materia opinabilissima è il tempo materiale quando trattasi di questioni dalle quali può dipendere la pelle, ‘sta storia del “nesso” non ci sconficchera né all’alba né al tramonto. Un nesso? Avremmo dunque un genitore che prende lo “Smartphone” e lo mette nelle mani del bambino (età dai quattro anni in su. Già scritto, lo si ricorda. A quattro anni, in altra generazione, si incominciava con le aste ed impiastricciandosi le mani con le decalcomanie); avremmo poi il bambino che passa ore ed ore a far scorrere un dito sullo “Smartphone”; avremmo infine babbo e genitore che escono manina manina dall’abitazione ed a quel punto l’autorità genitoriale – a sua volta costretta in precedenza a studiarsi i giochini sul cellulare, pertanto – dovrebbe esprimersi “creando un nesso”? Ma che, tutti i figli sono stupidi e tutti i genitori idem? Oggettivamente detto: grande dubbio circa il criterio educativo. E fermiamoci alla parola “dubbio”, ché altro e ben altro sale alle labbra,