Si sarebbe salvato, se solo fosse incappato in un ingorgo, se solo avesse dovuto compiere un tragitto diverso, se solo fosse giunto in ritardo; a costagli la vita è dunque stata, per assurdo, la sua puntualità da autotrasportatore per conto della “Mavet srl” con sede a Campi Bisenzio in provincia di Firenze. Della provincia di Varese, essendo nato ad Angera 49 anni or sono, era originario Davide Baronti, uno dei cinque uomini morti in séguito all’esplosione avvenuta alle ore 10.20 di ieri nel deposito di carburanti “Eni” a Calenzano (Firenze); il cadavere dell’uomo, poi trasferitosi a Livorno ed infine a Bientina in provincia di Pisa e che in un primo tempo era stato dato solo per disperso, tra l’altro figurando come 59enne anziché 49enne secondo alcune fonti e novarese anziché varesotto secondo altre, non è stato ancora identificato in modo formale, così come manca ancora l’attribuzione di un corpo – tragico a dirsi, ma ciò accade in forza delle condizioni dei cadaveri, tre dei quali recuperati solo a distanza di oltre 20 ore – ai nomi del 46enne Gerardo Pepe, del 46enne Franco Cirielli e del 57enne Carmelo Corso, tre delle altre quattro vittime; riconoscimento eseguito, invece, per il quarto deceduto, all’anagrafe Vincenzo Martinelli, 51 anni.
Per quanto accertato in sede di prima indagine, Davide Baronti si era regolarmente registrato come “visitatore protocollato” in ingresso alla piattaforma “Eni” – un complesso articolato su superficie di 170’000 metri quadrati – ed era ai piedi della banchina di carico quando è stato investito dal fronte di fuoco susseguente allo scoppio. Esplosione ed incendio hanno causato il ferimento (traumi e/o ustioni) di altre 26 persone. Sul caso è stato aperto un “dossier” di inchiesta per ipotesi di reato che vanno dalle lesioni colpose aggravate all’omicidio colposo plurimo.