Saranno Marco Chiesa e Fabio Regazzi, 49 e 61 anni rispettivamente, espressione di Lega dei Ticinesi-Udc il primo e del “Centro” (già Ppd) il secondo, gli interpreti della volontà ticinese agli Stati nel quadriennio prossimo venturo. Disco rosso, quindi, per Alex Farinelli che rimane eletto al Nazionale e che non sblocca la poltrona per Alessandra Gianella alla Camera bassa stessa (a proposito: nel Nazionale vedremo il volto di Giorgio Fonio, cui Fabio Regazzi già eletto lascia il posto. Piccola consolazione in casa neocentrista, si compensa da un lato quel seggio che era stato bruciato al primo turno sull’altro versante). Palla nera in giornata sciaguratissima tra i resti della Sinistra, dove alla perdita del posto già detenuto da Marina Carobbio Guscetti – ricordate? Si dimise per correre verso la quasi automatica elezione in Governo cantonale, a raccolta della comoda eredità di Manuele Bertoli – si associa la constatazione dell’emorragia di consensi verso Amalia Mirante, quinta sì nell’autocratico “Avanti con Ticino&lavoro” ma con un appoggio effettivo che dovrebbe condurre a drastica analisi – “in primis”, con presentazione delle dimissioni – il residuale “management” sia dei “Verdi del Ticino” sia del Partito socialista. Volete che cinque o seimila tra quelle preferenze andate su Amalia Mirante non provengano dai delusi e dagli irritati nell’area della Sinistra? Ma certo che lo sono. Ebbene: 4’357 dei 19’527 voti andati alla Giamburrasca, che qui chiude con un 19.40 per cento equivalente al 9.70 per cento in seggio singolo, sarebbero stati sufficienti per spingere Greta Gysin alla piazza d’onore, cioè davanti a Fabio Regazzi. Tout dit.
Era tutto (più o meno) scritto – Ma questi sono discorsi dell’aritmetica potenziale, quand’invece le urne sono leggendarie perché offrono un responso crudo (beh, quasi sempre: serbiamo memoria del pari all’ultimo consenso alla prima elezione di Marco Romano al Nazionale, quando Monica Duca-Widmer fu beffata dal lancio della monetina per il sorteggio). Sorprese zero ed emozioni zero ha difatti riservato il ballottaggio andato in scena oggi nel solito clima di finta attesa, ché ormai i giochi erano fatti e palesi sin dall’“Embrassons-nous” andato in scena al capannone di Pregassona in Lugano, sul lancio della volata per l’esponente democentroleghista, quando Fabio Regazzi in visita pastorale era stato accolto tra gli applausi. E poi, sia detto: se non identità, almeno affinità nella cultura politica possono rivendicare i due eletti; onore all’uno per l’aver riconquistato un seggio frantumatosi quattr’anni addietro – e fu un bel dramma, tra i pipidini – sotto le terga di Filippo Lombardi. Tra i due, a gongolare, sarà tuttavia e soprattutto Marco Chiesa, doppiamente vincitore: per l’aver avuto ragione nel correre su un solo lato, senza paracadute, per quanto nessuno – e chi mai? Il presidente nazionale dell’Udc, cioè egli stesso? – avrebbe mai osato negargli la candidatura anche al Nazionale, ergo una prova di coraggio e di consapevolezza del sostegno che gli sarebbe venuto dall’elettorato; e per l’aver spostato nuovamente verso destra l’asse politico “testimoniato” del Cantone, almeno. Perché la notizia, per paradosso, non sta nel ritorno di un ticinese ex-pipidino ossia neocentrista tra i 46 della Camera alta; la notizia sta nell’estromissione della Sinistra “tout court”, suicidaria la strategia di affidarsi a Greta Gysin nel secondo turno quand’invece il profilo politico di Bruno Storni – al di là degli accordi di coalizione tra “Verdi del Ticino” e Partito socialista – avrebbe capitalizzato un’attenzione politicamente sensibile. Non ci sono santi: per Berna servono calibri, non calibretti.
Onore al terzo – In una gara per due posti, dice la logica, chi arriva terzo non si gode il podio ma patisce un’estromissione secca. A distanza di 2’406 consensi da Fabio Regazzi è finito Alex Farinelli, cui sono mancati un giro di accordi e, boh, forse un po’ di quella che i partenopei chiamano “cazzimma”; piaciuti assaissimo, però, i pensieri espressi dopo la proclamazione del risultato, a riprova di una serenità compiuta ancorché non ostentata. A sensazione, qualcuno dei “supporter” ha pensato di essersi trovato a camminare sulle uova e qualcuno ha tirato indietro la manina; ma capirete, a parte gli udicini in quanto tali – ed Amalia Mirante di suo: m’avete scaricata? E mo’ recitatevi il “De profundis” – non vi è nessuno che esca bencontento come un mirtillo da questa tornata elettorale. Non i leghisti, non i socialisti, non i “Verdi del Ticino”, tutti crivellati o nei numeri o nella rappresentanza; non i liberali-radicali, salvatisi per il rotto della cuffia ma mai stati in condizione di andare al contrattacco per un obiettivo tangibile; non i pipidini (e dagli: si chiamano neocentristi) che insomma, con una mano hanno ripreso solo oggi quel che dall’altra avevano perso settimane addietro. Agli altri, se gradiscono, applausi per l’amichevole partecipazione.
I numeri – Sol perché una chiusa e una chiosa s’impongono, ecco le cifre finali: seggio a Marco Chiesa, 40’549 voti, 40.29 per cento; seggio a Fabio Regazzi, 31’962 voti, 31.76 per cento; non seggio ad Alex Farinelli, 29’556 voti, 29.37 per cento; non seggio a Greta Gysin, 27’606 voti, 27.43 per cento; non seggio ad Amalia Mirante, 19’527 voti, 19.40 per cento.